Gadi Luzzatto Voghera : Vaticano


La decisione del Vaticano di procedere nel percorso del riconoscimento dello stato di Palestina ha suscitato una vera e propria levata di scudi da parte di nume
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La decisione del Vaticano di procedere nel percorso del riconoscimento dello stato di Palestina ha suscitato una vera e propria levata di scudi da parte di numerosi osservatori, oltre alla reazione dispiaciuta della diplomazia israeliana che ha fatto sapere di non vedere in che modo questo passo possa accelerare il processo di pace in Medio Oriente. Penso che l’intera vicenda debba essere valutata in termini diversi, tenendosi prudentemente lontani da una immediata valutazione legata solo alle dinamiche politiche contemporanee. In primo luogo, la Chiesa è un organismo complesso e millenario, e tutte le sue decisioni vanno interpretate tenendo conto di questa prospettiva.
E, in secondo luogo, queste decisioni non possono essere valutate leggendole solo attraverso la lente dei rapporti fra Chiesa ed ebraismo. La priorità della Chiesa (intesa come stato Vaticano, cioè uno Stato politico che difende i suoi interessi nel mondo) è quella di stabilire rapporti diplomatici che permettano di difendere e consolidare la presenza cristiana, in questo caso in Medio Oriente, dove questa – tenuto conto degli avvenimenti in corso negli ultimi anni – è fortemente minacciata.
In passato la stessa Chiesa ha vissuto momenti di grave contrasto anche diplomatico sia con le potenze che controllavano l’area (non correva buon sangue con l’impero Britannico), sia con le altre Chiese che presidiavano i luoghi santi. Ancora oggi si può assistere a duri contrasti per la gestione, ad esempio, del Santo Sepolcro, e a volte le autorità israeliane hanno dovuto intervenire in funzione di mediazione fra le diverse autorità religiose cristiane. E naturalmente il Vaticano aveva visto poco di buon occhio la costituzione dello Stato d’Israele. Tuttavia la storia ha fatto il suo corso: c’è stato il Concilio Vaticano II, che ha mutato il modo in cui la Chiesa guarda al mondo contemporaneo, e si è poi assistito allo storico riconoscimento dello Stato d’Israele proprio nei mesi in cui l’ottenimento di una pace con i palestinesi sembrava ormai a portata di mano. Purtroppo sappiamo che questo non avvenne, ma è evidente che gli interessi diplomatici del Vaticano sono da intendersi nella direzione di una pacificazione dell’intera area. Là dove la violenza è andata fuori controllo (in Iraq come in Siria, per spingerci fino alla Nigeria) la presenza dei cristiani è messa in reale pericolo. Là dove la violenza è tenuta a bada (come ad esempio in Israele) i cristiani mantengono e rafforzano la loro presenza e vedono salvaguardati i loro diritti. Certamente Abu Mazen non è quell’angelo della pace che viene descritto, e di certo la sussistenza anche oggi di un patto con Hamas rende problematico il passo diplomatico avviato dal Vaticano. Ma il Medio Oriente è abituato a tante sorprese: è di oggi la notizia che ci sarebbero trattative segrete proprio fra Israele e Hamas addirittura per la relizzazione di un porto per Gaza.
Le trattative diplomatiche esistono per risolvere situazioni, e quindi non riesco veramente a comprendere la reazione pavloviana che ha accompagnato la notizia delle intenzioni vaticane. È evidente che la Chiesa di papa Bergoglio ha intrapreso un’azione diplomatica a livello planetario, a volte anche molto efficace (si veda il caso del riavvicinamento fra USA e Cuba). È possibile che essa possa dare frutti interessanti anche in Medio Oriente, e forse potrebbero essere frutti positivi anche per Israele: il riconoscimento dell’autorità di Abu Mazen potrebbe significare il riconoscimento della sua effettiva capacità (anche sul piano del controllo del territorio) di assicurare un futuro di pacificazione da parte palestinese. Se fosse questo, sarebbe una buona notizia. Per tutti.
Gadi Luzzatto Voghera
(22 maggio 2015)

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