Israele e Arabia Saudita uniti contro il comune nemico: l'Iran sciita. Da Riad "luce verde" per utilizzo dello spazio aereo



I caccia con la stella di Davide si alzano nella notte. I piani di attacco erano stati predisposti da tempo e affinati in esercitazioni mirate. La rotta era tracciata. E...
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I caccia con la stella di Davide si alzano nella notte. I piani di attacco erano stati predisposti da tempo e affinati in esercitazioni mirate. La rotta era tracciata. E passava per lo spazio aereo dell’Arabia Saudita. L’ok definitivo arriva da una consultazione ai massimi livelli fra Gerusalemme e Riad. L’operazione poteva iniziare. Non è la trama di un film d’azione, ma ciò che potrebbe accadere nel momento in cui Israele si sentisse “tradito” dall’alleato americano e lasciato solo nel contrastare la minaccia nucleare iraniana.
Proprio solo, no. Perché a suo fianco, Benjamin Netanyahu può contare sul Paese arabo che più teme l’espansionismo sciita nella regione: l’Arabia Saudita. “Il nemico del mio nemico è mio amico”, un assunto che spiega l’alleanza israelo-saudita. Perché la nascita di un nuovo “impero persiano” è considerata da Israele e Arabia Saudita una minaccia molto più stringente di quella rappresentata dallo Stato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi.
Si tratta ad oltranza a Losanna sul nucleare iraniano, ma a Gerusalemme la sentenza è stata già emessa: condanna senza appello. A pronunciarla è lo stesso Netanyahu: “L’intesa che stanno scrivendo a Losanna lascerà all’Iran gli impianti sotterranei, il reattore nucleare di Arak e le centrifughe più avanzate" e ciò significa che "secondo le nostre stime il tempo necessario all’Iran per creare una bomba atomica sarà ridotto a meno di un anno, o forse a molto meno di questo", afferma il primo ministro in una sede e occasione solenni: la Knesset (il Parlamento israeliano) nella seduta inaugurale della nuova legislatura.
Netanyahu ha parole durissime verso le potenze che trattano a Losanna. “Sembra che le potenze occidentali abbiano ceduto sul loro impegno d’impedire che l’Iran ottenga armi nucleari”, tuona Netanyahu. “Hanno accettato il fatto – insiste il premier israeliano, rivolgendosi a Usa e Ue con toni polemici – che l’Iran svilupperà nei prossimi anni le capacità per produrre molte bombe. Forse loro possono convivere con questo, ma io non posso accettare un pericolo così grande per Israele”.
Nelle considerazioni dei vertici israeliani rientra anche la “polveriera yemenita”. "L'asse Iran-Losanna-Yemen – sostiene Netanyahu - è pericoloso per l'umanità e va fermato". Mentre in Svizzera si discute, spiega, "gli emissari dell'Iran nello Yemen cercano di conquistare parti estese del Paese nel tentativo di assumere il controllo degli Stretti di Bab el Mandab. Cosa che – avverte - cambierà gli equilibri nella navigazione e nelle forniture di petrolio". Lo stesso ministro della Difesa Moshe Yaalon ha definito "pessimo l'accodo", aggiungendo che l'Iran sta avendo "successo nel farsi beffe del mondo". Un Iran sulla soglia del nucleare, ha ammonito, potrebbe essere "una tragedia non solo per i regimi moderati del Medio Oriente ma anche per l'intero occidente". E ha aggiunto che le forze armate di Israele e i suoi servizi segreti hanno già avuto ordine di organizzarsi per far fronte alla nuova situazione "e per poter neutralizzare quella minaccia in qualsiasi momento".
Concetti che Netanyahu ribadirà, in implicita ma sostanziale polemica con la linea “aperturista” della Casa Bianca verso Teheran, nel suo intervento al Congresso degli Stati Uniti. Dell'Iran "non ci si può fidare", sentenzia Netanyahu nel suo intervento. Per il premier israeliano Teheran e lo Stato islamico sono "in competizione per la guida dell'Islam militante, entrambi vogliono imporre un impero militante, prima nella regione, poi nel mondo intero". In questo mortale “Game of Thrones” non vi è posto per l'America o Israele. Non vi è posto per i cristiani, gli ebrei o i musulmani" che non sono d'accordo, sostiene Netanyahu. Che mette in guardia: "quando si parla di Iran o di Is, il nemico del tuo nemico è tuo nemico". Il pericolo "è il matrimonio fra l'Islam militante e l'arma nucleare". E per questo, sottolinea ancora Netanyahu, "sconfiggere l'Is e lasciare che l'Iran ottenga un'arma nucleare significherebbe vincere una battaglia ma perdere la guerra".
La linea della fermezza proclamata da Netanyahu trova il consenso, negli Usa, dei Repubblicani. L’ex ambasciatore Usa all’Onu, il repubblicano John R. Bolton, in un articolo sul New York Times ha teorizzato il bombardamento dei siti nucleari iraniani come unico antidoto a una Repubblica Islamica dotata di armi atomiche e alla seguente corsa agli armamenti dell’intera regione. Secondo Bolton, nei recenti colloqui tra Sauditi, Pakistan, Egitto e Turchia "la questione nucleare era sicuramente nell’agenda". Il Pakistan potrebbe velocemente fornire armi o tecnologia nucleare anche a Egitto, Turchia e altri. Oppure, per il giusto prezzo, la Nord Corea potrebbe vendere a questi Stati l’atomica alle spalle dell’alleato iraniano.
Stando al rapporto dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno israeliano) sugli scenari del 2015, non è solo il programma nucleare a preoccupare ma anche la situazione interna che potrebbe portare nel giro di poco tempo i Guardiani della Rivoluzione al potere. Infatti, nonostante il forte allentamento delle sanzioni a seguito di accordi con gli Stati Uniti e con la UE, la situazione sociale in Iran rimane drammatica. Di questo ne potrebbero approfittare proprio i Pasdaran per destituire Hassan Rohuani.
Da mesi ci sono segnali importanti che vanno in questa direzione. A risentirne sarebbe tutta l’area compreso il Libano dove gli Hezbollah sono legati a doppio filo proprio ai Pasdaran i quali sono tra i più ferventi sostenitori di un attacco massiccio a Israele.
Secondo un rapporto dei media israeliani, il programma nucleare iraniano ha portato l’Arabia Saudita e Israele ad avvicinarsi. Una fonte europea di alto livello ha confermato che Riad si è offerta di lasciare che i caccia israeliani usino il suo spazio aereo per attaccare l’Iran, se necessario. In cambio Israele dovrebbe riprendere, con sostanziali progressi, i colloqui di pace con i palestinesi. “Le autorità saudite sono completamente coordinate con Israele su tutte le questioni relative all’Iran,” rimarca la fonte diplomatica a Bruxelles.
L’utilizzo dello spazio aereo saudita significa che le Forze di Difesa israeliane potrebbero colpire Teheran da una distanza minore, senza dover volare in tutto il Golfo Persico. I piani di attacco sono pronti da anni e continuamente aggiornati. All'ora prescelta si leveranno in cielo cento apparecchi, fra aerei da combattimento, da intercettazione, da rifornimento, da guerra elettronica. Gli aerei F16i e F15i sono del resto in grado di raggiungere l'Iran senza rifornimenti in volo anche con un carico di ordigni.
Tre sono le possibili rotte d'attacco: una lungo il confino turco-siriano; un'altra sulla Giordania; una terza su Arabia Saudita. Ed è proprio quest’ultima ad essere stata scelta, grazie alla diponibilità saudita. “Se costretto ad agire da solo, osserva Efraim Kamm, del Centro di studi strategici dell’Università di Tel Aviv Israele è in grado di portare a termine una sola ondata di attacchi" sull’Iran. Dunque la selezione degli obiettivi che i vertici iraniani hanno disperso sull’intero territorio e protetto sotto terra risulta determinante. Secondo uno degli scenari apparsi su internet, Israele non cercherà quindi di distruggere l’intera rete degli stabilimenti nucleari iraniani, ma solo quelli ritenuti d’importanza critica: le località che vengono spesso menzionate sono Natanz, Isfahan, Kom, Arak. Quanto alla centrale di Bushehr, c’è chi ritiene che vada risparmiata, per non provocare una fuga di materiale radioattivo. In questa fase potrebbero entrare in azione i missili Jericho II e Jericho III, contro i quali l’Iran risulta impotente. Per intaccare gli obiettivi principali, dovrebbero esserne impiegati diverse decine. La distanza da Israele di questi bersagli è oltre 1000 chilometri, un tragitto che può essere coperto dagli F15 e F16, sostenuti da elicotteri e mezzi di rifornimento. Israele si è dotato anche di tre apparecchi Awac (Airborne Warning and Control).
Il Nemico mortale è a Teheran, non a Mosul. "Se lo Stato islamico avesse concentrato i suoi sforzi su Israele invece che sull'Iraq - sostiene Amos Yadlin, ex direttore dell’intelligence militare israeliana - sarebbe diventato una preda facile per l'intelligence israeliana, per l'aviazione e per le armi di precisione a disposizione delle nostre forze di terra". Yadlin, sminuisce il pericolo-Isis per Israele: "In fondo sono solo poche migliaia di terroristi a bordo di pick-up e armati solo di kalashnikov. "Niente a che vedere con le forze armate di cui dispone Hezbollah in Libano o persino Hamas nella Striscia di Gaza. Al contrario, sostiene ancora Yadlin, dobbiamo continuare a ricordare alla comunità internazionale che non si devono fare concessioni all'Iran in materia nucleare in cambio della sua partecipazione alla coalizione anti-Califfato".
L'Iran, insiste l’ex direttore dell’intelligence militare di Tel Aviv, "è Paese risoluto a distruggere Israele. D’altra parte, non è da oggi che abbondano rivelazioni sui piani d’attacco messi a punto da Israele contro l’Iran. Nell’agosto 2012, un blogger americano, Richard Silverstein sul suo blog (Tikum Olam "Riparare il mondo" in ebraico) scrisse che un eventuale attacco di Gerusalemme contro i siti nucleari iraniani avrebbe inizio con un'aggressione informatica "senza precedenti", per paralizzare il regime iraniano che non riuscirebbe così "a sapere cosa avviene al suo interno". A riportarlo fu “Ynet”, il sito di “Yedioth Ahronot”, il più diffuso quotidiano israeliano. Silverstein sostenne di aver ottenuto un documento ufficiale che delinea i piani di guerra dello Stato ebraico contro l’Iran da una fonte israeliana di alto livello. Un attacco in tre fasi: nella prima si ricorrerebbe alla tecnologia più sofisticata per mettere fuori uso Internet, i telefoni, la radio, la tv, le comunicazioni satellitari, le connessioni in fibra ottica degli edifici strategici del Paese, comprese le basi missilistiche sotterranee di Khorramabad e Isfahan. Nella seconda fase ci sarebbe il lancio di decine di missili balistici, in grado di coprire una distanza di 300 chilometri, contro la Repubblica islamica dai sottomarini israeliani posizionati vicino al Golfo Persico. Missili "con punte rinforzate, progettate per penetrare in profondità". Secondo il dossier l'obiettivo sarebbero alcuni siti sotterranei, come quello di Fordo, che preoccupa Israele perché scavato in una montagna vicino a Qom.
Infine la terza fase, con il lancio di altri missili - questa volta da crociera - per mettere ko i sistemi di comando e controllo, di ricerca e sviluppo e le residenze del personale coinvolto nel piano di arricchimento dell’uranio. Dopo la prima ondata di attacchi un satellite passerà sopra l’Iran per valutare i danni agli obiettivi. Le informazioni saranno quindi trasferite agli aerei di guerra dotati di tecnologia sconosciuta al grande pubblico e anche all’alleato americano, invisibili ai radar e inviati in Iran per finire il lavoro, colpendo un elenco ristretto di obiettivi. Le smentite furono di circostanza, anche perché, prima di lanciare la notizia, la direzione di “Yedioth Ahronot” fece le necessarie verifiche, ricevendo, sia pur con la garanzia dell’anonimato, conferme da fonti ritenute “altamente affidabili”. Come “affidabile” è la luce verde di Riad per gli attacchi aerei israeliani contro il comune nemico: l’Iran sciita.

Allegato

RICHARD SILVERSTEIN : i piani segreti di Netanyahu contro l'Iran ( in inglese)

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