Human Rights Watch : lavoro minorile palestinese negli insediamenti agricoli israeliani in Cisgiordania”,
Un rapporto di Human Rights
Watch pubblicato ieri denuncia le condizioni di lavoro dei bambini
palestinesi nelle colonie israeliane. Intanto, una coalizione di
associazioni e ong chiede la fine del blocco e l’avvio della
ricostruzione nella Striscia di Gaza.
della redazione
Roma, 14 aprile 2015, Nena News
– Uno degli aspetti meno dibattuti dell’occupazione israeliana della
Cisgiordania è lo sfruttamento della manodopera palestinese, soprattutto
di quella minorile. Un rapporto intitolato “Maturi per l’abuso:
il lavoro minorile palestinese negli insediamenti agricoli israeliani
in Cisgiordania”, pubblicato ieri dalla ong Human Rights Watch (HRW),
rivela che le colonie, principalmente quelle della Valle del Giordano,
impiegano bambini palestinesi anche di 11 anni pagandoli poco e in
condizioni di lavoro definite “pericolose”.
Secondo l’organizzazione umanitaria
statunitense, negli insediamenti israeliani i bambini palestinesi
lavorano con temperature altissime trasportando carichi pesanti e sono
esposti agli effetti dannosi dei pesticidi. Questo, conclude lo studio
di HRW, viola la legge internazionale che, al pari della legislazione
palestinese e israeliana, stabilisce come età minima per lavorare il
raggiungimento dei 15 anni.
L’ong afferma di aver intervistato 38 bambini e 12 adulti in 7 insediamenti israeliani della Valle del Giordano. Secondo
il rapporto, i bambini lasciano la scuola per raccogliere, pulire e
confezionare gli asparagi, i pomodori, le melanzane, i peperoncini
dolci, le cipolle e i datteri. In alcuni casi, si legge nel documento,
sono i bambini stessi a provvedere alle spese mediche causate dalle
condizioni di lavoro dure e pericolose a cui sono soggetti.
L’area della Valle del Giordano è la zona in cui si trovano i maggiori
insediamenti agricoli israeliani e corrisponde a circa il 30% della
Cisgiordania. Quasi tutti i bambini intervistati da Human Rights Watch
hanno affermato che sono costretti a lavorare per poter aiutare le loro
famiglie. Il tasso di povertà per i palestinesi che vivono in quest’area ha raggiunto il 33,5%, il più alto in tutta la Cisgiordania.
Secondo i dati forniti dalle
Nazioni Unite, il 24% dei lavoratori palestinesi dell’Area C (cioè sotto
il pieno controllo israeliano), di cui fa parte anche la Valle del
Giordano, lavora nelle colonie. Molti bambini intervistati dalla ong
hanno dichiarato di aver iniziato a lavorare all’età di 13 o 14 anni.
Quelli che hanno 11 anni sono di solito impiegati part-time.
“Se tu ti siedi mentre stai lavorando, il supervisore ti dirà di stare
in piedi e di non prenderti una pausa – ha dichiarato un quindicenne ad
HRW – non abbiamo bagni, né permessi per uscire nei campi”. I 38 bambini
intervistati sostengono di percepire 10 shekel all’ora (2.70 dollari) o
70 shekel (19 dollari) al giorno. In Israele e nelle colonie la paga
media nel 2012 (l’ultimo dato al momento disponibile) era di 407 shekel
(110 dollari) al giorno.
Usa parole dure Sarah Leah
Whitson, direttrice per il Medio Oriente e il Nord Africa di HRW. “Le
colonie israeliane fanno profitto abusando dei diritti dei bambini
palestinesi i quali, provenendo da comunità impoverite dalla
discriminazione di Israele e dalle politiche [in vigore] nelle colonie,
abbandonano la scuola e iniziano lavori pericolosi perché pensano di non
avere alternative. Di fronte a tutto questo, Israele chiude
gli occhi”. Ad essere colpevoli dello sfruttamento dei giovanissimi,
sottolinea l’ong, sono però anche gli intermediari palestinesi (wasiit
in arabo) il cui compito è quello di trovare manodopera a basso prezzo
per i padroni israeliani.
Il ministero degli esteri dello stato
ebraico ha, per il momento, preferito non commentare la notizia
affermando che rilascerà un commento ufficiale solo dopo aver studiato
attentamente la vicenda. Di diverso avviso è David Elhayani, a capo del
Consiglio regionale della Valle del Giordano, che ha subito definito
“disonesti” i dati forniti da Human Rights Watch. Secondo Elhayani, il
Consiglio impiega 6.000 palestinesi ogni giorno, ma non minori. “E’ una
bugia orribile – ha dichiarato -non c’è alcuna giustificazione né
morale, né legale e né finanziaria per impiegare dei bambini”.
Ma se sono difficili le condizioni di vita in Cisgiordania, restano drammatiche quelle nella Striscia di Gaza. Sei mesi dopo che i paesi donatori avevano promesso di destinare 5,4 miliardi di dollari
per il piccolo lembo di terra palestinese devastato la scorsa estate
dai 50 giorni dell’ operazione militare israeliana “Margine protettivo”,
la ricostruzione continua a procedere molto lentamente e il denaro resta bloccato. Lo hanno denunciato ieri 45 associazioni e ong dell’Aida (Association of International Development Agencies).
“Se non cambiamo corso ora e affrontiamo
le questioni chiave, la situazione a Gaza continuerà a peggiorare.
Senza una stabilità economica, sociale e politica, un ritorno ad un
conflitto sarà inevitabile” ha detto la coalizione tra cui spiccano i
nomi di Care International, Oxfam, Save the Children. “Solo il 26,8% del
denaro è stato rilasciato, la ricostruzione è a mala pena cominciata e
le persone a Gaza continuano a vivere in pessime condizioni” ha aggiunto
Aida.
Secondo il suo rapporto, la guerra ha
distrutto completamente 12.400 case e ne ha danneggiato 160.000
lasciando senza un tetto 100.000 palestinesi. Il documento
critica entrambe le parti del conflitto ritenendole legalmente
responsabili per la situazione che si è venuta a creare. “La
comunità internazionale – si legge nel testo – deve chiedere una fine
delle violazioni della legge internazionale e considerare responsabili
tutte le parti. Deve, inoltre, fare in modo che ciò non si ripeta più”.
Nena News
Lo sfruttamento dei minori palestinesi nella Valle del Giordano
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In un rapporto presentato oggi Human Rights Watch sostiene che le fattorie delle colonie israeliane in...bdsitalia.org
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