MATTONI DI FANGO: ESISTERE È RESISTERE IN AREA

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giovedì 5 marzo 2015


In seguito agli accordi di Oslo del 1994 la Cisgiordania è stata divisa in 3 zone denominate Area A, B e C. Area A sotto amministrazione totale palestinese, Area B sotto controllo misto (amministrazione civile palestinese e militare Israeliana) e Area C sotto controllo totale da parte dell’ Esercito Israeliano. Quest’ultima parte copre il 60% delle terre palestinesi.

Vivere in Area C significa essere soggetti alla legge militare. Qualunque cosa, anche la più semplice è subordinata al permesso dell’esercito. Nel frattempo in area C proliferano e aumentano costantemente di numero e dimensione le colonie Israeliane. Illegali secondo il diritto internazionale.

LA GUERRA DELL’ACQUA: LA VALLE DEL GIORDANO

Rashid, mebro della Jordan Valley Solidarity, ci accompagna nel villaggio di Fasayel, uno dei tanti villaggi non riconosciuti sotto costante minaccia di sgombero e demolizione da parte dell’esercito.
Siamo nella valle del Giordano territorio che corrisponde circa al 28% della Cisgiordania e che ricade per il 95% in area C (sotto controllo militare israeliano), ovvero tutta la valle tranne un numero esiguo di villaggi e la città di Gerico.
Per Israele quest’area deve restare sotto il suo controllo militare per difendere il confine con Giordania: in realtà non notiamo nessun dispiegamento di forze al confine con l’unico stato ad aver firmato la pace con Israele, ma perdiamo il conto delle fattorie e delle aziende agricole dei coloni nell’area.

Gran parte della valle infatti è indicata come “Firing Zone” (zona adibita a esercitazioni militari) ma nelle stesse terre in cui viene ordinato lo sgombero ai villaggi palestinesi, ci sono ampie zone coltivate riservate ai coloni israeliani.

In passato la valle del giordano è sempre stata una zona ricca di prodotti agricoli che venivano esportati in tutto il mondo arabo. Ma ora i villaggi palestinesi hanno campi aridi e acqua limitata. L’acqua arriva con l’ausilio di piccole pompe idrauliche per circa sei ore al giorno, mentre i campi delle colonie sono rigogliosi e perfettamente irrigati.

Ad aumentare il senso di sconcertamento è il fatto che spesso colonia e villaggio sono confinanti, a volte la colonia porta addirittura lo stesso nome del vecchio villaggio, mentre le condizioni di vita al loro interno sono agli antipodi.

Da lontano notiamo almeno tre o quattro enormi cisterne d’acqua sulle pendici delle colline a ridosso della vallata. È acqua riservata alle colonie: è quella l’acqua rubata.

Entriamo in una casa in parte demolita, ci viene offerto il pranzo e ci viene mostrata una mappa della vallata e spiegata la situazione tragica di queste terre.

Nonostante tutto non c’è spazio per lo sconforto, la parola d’ordine é resistere.

Resistere a tutte le ingiustizie che i villaggi non riconosciuti in aria C subiscono.

Resistere supportando il diritto alla scolarizzazione creando una piccola scuola costruita con mattoni di fango.

Resistere dando supporto medico creando un piccolo ambulatorio per i bisogni immediati, anche questo costruito con mattoni di fango.

Facili da preparare i mattoni di fango, permettono una più veloce ricostruzione delle case in caso di demolizione e hanno un’ottima resa termica in questo clima arido e poco piovoso.

Resistere è costruire una pressa idraulica per produrre più mattoni e di consistenza migliore.

Resistere è riportare ogni notizia sul web per denunciare le ingiustizie.

Resistere è fare proteste attive ma non violente per il diritto di vivere nella propria terra.

Ci portano a vedere l’unico corso d’acqua ad uso Palestinese della vallata, è un canale largo circa un metro che funziona solo tre mesi durante l’inverno. Porta a valle l’acqua piovana dalle colline di Ramallah e Nablus. Il resto dell’anno è secco, il fabisogno delle colonie esaurisce l’acqua in fretta.

È venerdi, e le famiglie palestinesi dalle città vicine vengono qui per godere del clima mite e fare pic nic a bordo del corso d’acqua.

I bambini si spruzzano fra di loro giocando mentre le donne si bagnano i pedi all’ombra delle piante. Gli uomini, come in ogni pic nic che si rispetti sono indaffarati con la griglia.

Una signora ci vede arrivare e viene verso di noi, ha con lei una caffettiera e bicchieri di carta. Ci offre il caffè al cardamomo in segno di ospitalità. Rimaniamo stupiti da tanta attenzione.

Ci ringraziano di essere venuti a sentire le loro storie. Anche loro ci chiedono una solo cosa: Raccontate la nostra storia.

Per maggiori informazioni: http://www.jordanvalleysolidarity.org/

Edoardo Casarola

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