Le ragazze di Gaza



Nour El Borno è una studentessa di Gaza, ha 21, ed è autrice del racconto A Wish for Insomnia nell’antologia di giovani autori della Striscia Gaza Writes Back (Just World Books).
Qual è la cosa più difficile per uno studente? È complicato riuscire a studiare con i tagli dell’elettricità. Se non salvi sempre il lavoro sul portatile rischi di perderlo senza preavviso, a volte credi di avere ancora un paio d’ore per scrivere e invece ti trovi senza luce.
E se hai una scadenza per una consegna? Vado all’università, che ha i generatori, per ricaricare le batterie. Ora abbiamo la corrente circa otto ore al giorno, ma durante l’ultimo conflitto, l’estate scorsa, non l’abbiamo vista per giorni.
Cosa ti piace fare nel weekend? Sono sotto pressione perché mi sto per laureare in letteratura inglese alla Islamic University, quindi al momento scrivo e leggo. Anche le mie amiche studiano con me quindi si chiacchiera molto di questo ultimamente.
Parli inglese perfettamente. Merito dei film: il mio preferito di sempre è Braveheart, che mi ha affascinata da bambina.
Il più bel ricordo d’infanzia? A sei anni una vacanza al mare in Grecia.
Sei stata altre volte all’estero? È stata la prima e unica volta che sono uscita da Gaza. È difficile anche vedere i miei parenti in Egitto perché il confine è quasi sempre chiuso.
Dove vorresti andare? Vorrei visitare la campagna inglese di cui scrivono i poeti che studio. Prendere un dottorato all’estero, ma solo con la certezza di poter rientrare a Gaza. Vorrei vedere la neve.
Non l’hai mai toccata? No, eppure esiste anche a pochi chilometri da qui, come a Gerusalemme.
Il protagonista del tuo racconto è un soldato israeliano. Al ritorno dal conflitto ha incubi che lo tengono sveglio insieme alla sua famiglia. Come hai fatto a immedesimarti? Ogni volta che sento un aereo sopra di me penso al pilota e alla sua famiglia. Mi chiedo se ha una figlia che lo aspetta a casa, come io ho aspettato mio padre quel giorno che è uscito senza più tornare.
A cosa pensi prima di addormentarti? Al futuro. All’ipotesi di diventare insegnante e al libro che vorrei finire di scrivere.
Najlaa Ataallah vive da 27 anni a Gaza sognando la pace e la libertà. Lavora per una ong attiva nella zona meridionale della Striscia e sta terminando un master in ingegneria. È una blogger, scrittrice, e autrice del racconto The Whore of Gaza nell’antologia The Book of Gaza (CommaPress).
Di cosa tratta The Whore of Gaza? Volevo raccontare i problemi delle donne a Gaza. È la storia di una ragazza di circa trent’anni che subisce molte ingiustizie da parte della comunità. I temi che affronto vanno dalle relazioni famigliari, all’avidità degli uomini, ai sogni. In pratica rappresenta tutte noi, che siamo confuse e vorremmo portare un cambiamento. È anche il simbolo di Gaza stessa: subisce l’autorità di diverse parti ed è un luogo attraente che attira uomini avidi che vogliono solo sfruttarla.
Come è la vita di una teenager a Gaza? Generalmente i ragazzi e le ragazze non si avventurano fuori del proprio quartiere fino ai 18 anni, per paura del giudizio della comunità. La restrizione dello spazio è una delle limitazioni maggiori per tutti gli esseri umani. Gaza, nello specifico, è lunga solo 360 km e ha i confini bloccati: per questo la vita qui può essere tremendamente limitata. Sfortunatamente non viviamo neanche una cultura dell’interazione e degli eventi condivisi, non ci sono spazi aperti in città per praticare attività insieme. Anche se le ragazze vengono da famiglie con grande apertura mentale, tutto dipende dall’ambiente circostante. E nel nostro caso è davvero limitato.
Una ragazza può uscire con un ragazzo? Non è permesso. Viviamo in una comunità conservatrice, con una cultura basata su principi religiosi.
Ricordi il primo bacio? Certamente, l’ho dato al mio fidanzato. Abbiamo deciso di sposarci all’inizio del 2014, ma a causa della guerra dell’estate scorsa abbiamo dovuto rimandare. Spero sarà possibile quest’anno.
Quali sono i tuoi film cult? Adoro Bollywood e tutti quelli con Tom Hanks.
Vivere a Gaza rende difficile programmare il futuro? Certo, perché la maggior parte dei tuoi programmi deve dipendere dalla situazione del momento e dalle circostanze. Non vorrei sembrare pessimista, ma sembra di vivere nella lampada di Aladino: non puoi uscire a meno che lo stesso Aladino ne strofini la superficie. Passi molto tempo ad aspettare, chiedendoti quando arriverà per farti uscire.
Quali sono i tuoi sogni? Ricevere soddisfazione dalla vita: vorrei riuscire a scrivere, viaggiare e conoscere altre culture. Sono già stata negli Stati Uniti, in Marocco, Svezia e Norvegia. Vorrei tanto ammirare di persona la bellezza di Roma e Granada.
Indossi il velo? Sì, per scelta, ma è anche il riflesso della mia identità di donna musulmana. Riflette chi sono.
Cosa significa “vita normale” a Gaza? Aspettarsi l'ignoto. Se sei vivo è perché la morte non ti ha scelto come uno dei sacrifici di tutte le guerre che hai attraversato. Vivi perché hai avuto fortuna o perché ancora credi nella speranza.
Si dice che vivere a Gaza sia difficile e che vivere come donna a Gaza sia anche peggio. È vero? Sì, per tante ragioni. L’instabilità politica fa sì che non riusciamo nemmeno a capire chi sia il leader o detenga il vero controllo su Gaza. Viviamo secondo la volontà della comunità, e questo rende difficile prendere delle decisioni senza che le persone intervengano dicendo la loro. Alcune persone all’interno delle comunità hanno molto potere nel prendere le decisioni. In più, Gaza è chiusa in se stessa, così tutto circola facilmente come fosse trasportato dal vento. Per questo devi riflettere bene sul tuo comportamento.
Cosa non sappiamo di Gaza? Se potessi visitarla te ne innamoreresti. Siamo famosi esportatori di arance e racconti. Ci sono begli edifici storici, cibo meraviglioso e persone generose, che non ti lascerebbero mai uscire dalle loro case senza offrirti qualcosa.
Chi ha interesse a proseguire la guerra? Nessuno lo sa. Il bene e il male sono ancora un segreto.
scritto da Laila Bonazzi

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