Rinaldi: "Rispetto la memoria di Primo Levi ma dico no a un baraccone sulla piazza più aulica di Torino"






Rinaldi: "Rispetto la memoria di Primo ma dico no a un baraccone sulla piazza più aulica di Torino"
Il soprintendente ai beni architettonici è critico rispetto al vagone che ricorda il viaggio di Primo Levi verso Auschwitz posizionato in piazza
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Il soprintendente ai beni architettonici è critico rispetto al vagone che ricorda il viaggio dello scrittore ebreo verso Auschwitz, posizionato in piazza Castello
di MARINA PAGLIERI
Luca Rinaldi  LUCA Rinaldi, soprintendente ai beni architettonici, che fastidio le dà il vagone che ricorda il viaggio di Primo Levi verso Auschwitz in piazza Castello?
"Guardi, non è questione di fastidio. Intanto, sono stato informato solo tre giorni fa dell'iniziativa, infatti mi sono arrivate le scuse dell'assessore Ilda Curti. In una lettera degli uffici del Comune, mi si chiedeva l'autorizzazione a tenere il vagone che ricorda la deportazione nel lager di fronte a Palazzo Madama per quasi tre mesi, fino al 6 aprile, data di chiusura della mostra. Ora, stiamo parlando di piazza Castello, la più prestigiosa della città, vincolata e quindi sottoposta al parere dei miei uffici. Mi sembra che si sia perso il senso della misura".

In che senso?
"Mi scusi, io capisco tutto e rispetto la memoria di Primo Levi, ci mancherebbe altro: oltretutto sono figlio di un partigiano. Ma non per questo metto un vagone nella piazza principale, non realizzo un simile allestimento all'esterno del palazzo: allora perché non ricostruire la torretta per le guardie del lager? Non si può tenere un baraccone per tre mesi di fronte alla facciata di Juvarra. E' una pagliacciata. Si poteva parlarne prima, mettersi d'accordo per collocare il vagone sul retro dell'edificio, non dove si trova. Comunque ho concesso di lasciarlo lì per 15 giorni e nessuno ha trovato nulla da ridire. Anzi, ho sentito Fabio Levi, il direttore del Centro di Studi Primo Levi, che si è detto d'accordo".

Quello che lei definisce un baraccone è un vagone storico, prestato dal Museo Ferroviario. Non crede che abbia una sua dignità, indipendentemente dal contesto della mostra?
"Ma come ragionate voi a Torino? E allora perché non hanno fatto la mostra al Museo Ferroviario? Io capisco che lo si tenga lì per qualche giorno, per promuovere la mostra. Ma poi basta: ma se la immagina una cosa del genere in un'altra città, in piazza del Duomo a Milano, per esempio? Non era sufficiente ricordare il viaggio di Primo Levi con un richiamo o un totem, c'era bisogno di un vagone? Allora con quel principio si può mettere qualunque cosa. Ripeto, c'è un limite e ci sono delle regole da rispettare ".

Ci sono delle regole, ma non sono le stesse ovunque. Nelle piazze storiche di Torino si trova di tutto: per restare a piazza Castello, fino a poco tempo fa c'erano il calendario dell'Avvento e l'albero di Natale, oltre allo schermo per promuovere le iniziative. Due pesi e due misure?
"No, non è così. Io in linea di massima vorrei le piazze più libere, ma non sempre si può. Lei ha citato il calendario dell'Avvento e l'albero di Natale: ma sono riferiti a iniziative sociali, in cui sono coinvolti i bambini. E poi c'era di mezzo il Natale e si trattava di un periodo limitato. Qui invece c'è una mostra, che richiede una condivisione di intenti ".

E le bancarelle di Cioccolatò in piazza San Carlo?
"Veramente quella la considero una battaglia vinta: negli altri anni era peggio. In quest'ultima edizione le bancarelle erano più dignitose".

Lei ha detto tanti no, da quando è a Torino. Non è così?
"Sì, ci sono stati problemi anche riguardo alla clessidra della Compagnia di San Paolo che segna il tempo mancante all'inaugurazione del nuovo Egizio: c'erano altre idee e alla fine la si è collocata in piazza San Carlo, in una zona laterale. Io avrei voluto anche cambiare il colore, ma va bene così. A Torino in certe situazioni diventa molto difficile dire dei no, anche se si è dalla parte della ragione". 

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La burocrazia non ferma il treno

Già ieri Fabio Levi, curatore della mostra “I mondi di Primo Levi – Una strenua chiarezza” insieme a Peppino Ortoleva, e presidente del centro studi che l’ha promossa, aveva avanzato una richiesta: “Non alziamo i toni, non montiamo polemiche, sarebbe fare torto alla mostra. Sarebbe fare un torto a Primo Levi, e sarebbe fare un torto anche al nostro lavoro. Davvero, il vagone non è la cosa più importante della mostra. È un simbolo importante, non solo visivamente, ma la nostra intenzione non è mai stata di parlare di Auschwitz. Non solo. Dentro la Corte Medievale di Palazzo Madama abbiamo voluto mettere tanto di più, per ricordare, per raccontare, per pensare”.
Più tardi è arrivata la dichiarazione del ministro stesso dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che ha chiarito come il significato simbolico e morale della presenza in piazza Castello del “vagone di Primo” sia superiore a qualsiasi valutazione burocratica.
a.t. twitter atrevesmoked

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