Ramzy Baroud : Cose da fare e cose da non fare: che cosa ho imparato scrivendo sul Medio Oriente

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Scrivere e fare servizi giornalistici sul Medio Oriente non è un compito facile, specialmente durante questi anni di tumulti e di sconvolgimenti. Seguire e riferire di questi cambiamenti costanti senza una comprensione profonda e compassionevole della zona approderà soltanto  un contenuto prevedibile e scialbo che non offre nulla di originale, ma vecchie idee riciclate e stereotipi.
In base alla mia umile esperienza nella regione, condivido queste cose da fare e da non fare riguardo a come ci si dovrebbe accostare al Medio Oriente quando si scrive e si fanno servizi giornalistici.
Interrogatevi sulla terminologia 
Tanto per cominciare, il temine “Medio Oriente” è di per sé altamente discutibile. E’ arbitrario e può essere compreso soltanto accanto a  qualche altra entità, l’Europa, le cui imprese coloniali hanno imposto tali classificazioni al resto del mondo.
Discutere sul termine “Medio Oriente” significa diventare consapevoli della storia coloniale e della competizione economica e politica durevolmente feroce che si percepisce in ogni aspetto della vita nella regione. Tenete a mente questa cosa e imparate a discutere su molti altri termini: estremista, radicale, moderato terrorista, filo-occidentale, liberale, socialista, islamista, islamico, anti-islamista, laicista, e così via. Queste sono soprattutto etichette fuorvianti.  Non potrebbero significare affatto quello che pensate significhino. Il loro uso è spesso politico, in opposizione a un diretto riferimento a una posizione ideologica o politica.
Apprendete la lingua
Se i vostri servizi sono intrinsecamente legati al Medio Oriente, allora dovete imparare una lingua. Se non siete un giornalista che parla arabo, dovete investire del tempo per imparare questa lingua (o il Farsi, il turco, ecc., a seconda della regione specifica che vi interessa). Anche un compagno locale vi aiuterebbe a malapena a superare il divario della lingua, perché, lui/lei è probabile che abbia i propri pregiudizi e limitazioni. Inoltre, molte cose vengono spesso omesse e vanno perdute nella traduzione.
Parlare la lingua del posto vi farà ottenere maggiore accesso, ma anche fiducia, e vi aiuterà a sviluppare una reale comprensione verso le persone che hanno maggior bisogno di essere ascoltate.
Iniziate dal fondo
C’è una citazione di Arundathi Roy che dice: “In realtà non esiste una cosa come ‘coloro che non hanno voce’. Ci sono soltanto persone che vengono deliberatamente zittite, o quelle che si preferisce non  sentire.”
Ogni paese del Medio Oriente ha le sue elite istruite. Spesso vengono avvicinate dai media per comodità. Spesso parlano una di due lingue straniere, sanno che cosa è una citazione, non hanno necessità di molto tirocinio, e sono sempre pronti con i loro argomenti di conversazione. Sebbene possano essere gli ospiti ideale peri media, ma possono essere i meno qualificati per commentare una notizia.
La cosa migliore da fare per un inviato è iniziare dal fondo, dalle persone che sono più colpite da qualsiasi notizia stiate riferendo; le vittime, le loro famiglie, i testimoni oculari e la comunità nel suo complesso. Mentre tali voci sono spesso trascurate o usate come riempitivo, dovrebbero diventare il centro di qualsiasi servizio giornalistico serio dalla regione, specialmente in aree che sono lacerate dalla guerra e dai conflitti.
State dalla parte della vittima, ma state attenti
E’ vero, ci potrebbe essere più di un aspetto della stessa storia, ma non dovrebbe essere la forza trainante dei vostri servizi giornalistici.
Iniziate essendo consapevoli dei vostri limiti nel riferire una storia senza provare pietà verso le persone che sono il soggetto del vostro servizio: una madre siriana separata dai suoi figli, un padre di Gaza che ha perso sua moglie e cinque figli a causa delle bombe israeliane, un’attivista egiziano per la democrazia che fa uno sciopero della fame prolungato, e cos’ via.
Uno di più grossi  difetti nel modo in cui si fanno reportage sulla guerra Siriana, è l’approccio semplicistico ed estremizzante e la terminologia. La maggior parte dei media piangono per i siriani, ma la vittima e il carnefice sono diversi quando sono visti dalla prospettiva di Al Jazeera  rispetto a quella di Al Mayadeen, di Press TV, di Fox News, della BBC. Manipolare chi si  qualifica come  vittima, è un problema altamente politico che ha conseguenze di vasta portata.
Imparate la storia
Considerate questo: un gruppo marginale come gli Houthis dello Yemen sta diventando   di un paese il cui governo centrale è tale solo nominalmente e le cui forze armate sono divise in: settarie, regionali,   tribali.  In che modo si può riferire su questo fenomeno relativamente nuovo senza crearsi una solida comprensione della
storia yemenita e dei divari storici, delle politica nazionale e internazionale che hanno grandemente sconvolto per decenni qualsiasi senso di normalità in quel paese arabo?
La storia è essenziale per la comprensione di qualsiasi conflitto nella regione, perché ognuno di essi preso singolarmente ha la sua propria storia prolungata.     Comprendere questa storia è essenziale per cercare di capire la complessità del presente.
Sollevate domande
Non abbiate paura di sollevare domande e di fornire un contesto che voi, e a volte, soltanto voi, credete che sia essenziale per la notizia.
Il cosiddetto Stato islamico (IS) è un esempio rilevante. Praticamente sconosciuto poco anni fa, ora è presumibilmente il più grosso pericolo che ha di fronte il Medio Oriente, dato che i suoi battaglioni composti  ma ben armati, si muovono in molteplici direzioni, lasciando dietro di loro sanguinose notizie di guerra e distruzione. Ma in che modo si deve collocare una notizia di tale importanza? Quale sarebbe un contesto appropriato?
Ricordate, nessuna insurrezione importante avviene in un vuoto. Osate chiedervi i motivi nei servizi selettivi di altri.
Evitate il linguaggio soggettivo
Non usate le parole “terrorista” e “terrorismo”  se non nel contesto appropriato. Non potete giudicare chi è e chi non è un terrorista, un termine che fa riferimento a un fatto, ma una prospettiva politica. Ci sono molti di questi termini che  sono trappole che potrebbero compromettere la credibilità dei vostri servizi.
Non fate il turista
Fare servizi giornalistici, specialmente da zone di conflitti, è un’enorme responsabilità. Talvolta i servizi fuorvianti può costare delle vite umane. Evitate le informazioni di qualcuno che passa di lì per caso, come è avvenuto con il giovane neozelandese che saltava dallo Yemen al Bahrein, all’Egitto, alla Tunisia in due settimane, producendo molti articoli per qualsiasi organo di stampa disposto a pubblicarli, ma tutti senza che avesse almeno graffiato la superficie di una notizia. Cinque giorni a Sana’a e una settimana in Bahrein, non vi trasformano in un inviato di livello internazionale, non danno molto credito alle vostre opinioni e, francamente, fanno un cattivo servizio alla professione. Praticamente non potete informare altri
di quello che voi comprendete a malapena.
Non coinvolgetevi troppo
L’opposto dell’inviato che “saltella” è il giornalista “esperto”, quelli occidentali e altri che passano molti anni a fare servizi da una sola nazione. Possono essere enormemente utili per trasmette una notizia realmente autentica con una coerenza che duri nel tempo. L’insidia tuttavia è che qualcuno si coinvolga troppo, prendendo quindi le parti e cadendo nella trappola delle politiche divise delle aree da dove manda i servizi. Il Libano è pieno di questi esempi e anche il Kurdistan nell’Iraq settentrionale, perché è stato accessibile ai giornalisti occidentali per molti anni. “Grazie” a loro, molte delle notizie sull’Iraq sono distorte e unilaterali.
Non generalizzate
Quando il vostro interesse per il Medio Oriente è incentrato su un singolo argomento, per esempio, la Primavera Araba, si ritiene che semplifichiate eccessivamente e che generalizziate. Siete costretti a cercare denominatori comuni ai “paesi della Primavera Araba” mentre trascurate ostinatamente tutti gli altri.
Evitate all’eccesso le generalizzazioni .  Richiederà maggiore ricerca da parte vostra, ma questo è l’elemento che  distingue un giornalista serio dagli altri.
E infine, ricordare sempre, che scrivere e dare informazioni è un processo  che si acquisisce  e che c’è sempre qualcosa di nuovo che tutti noi possiamo imparare. Siate quindi umili e accettate sempre la possibilità di imparare cose nuove.
Ramzy Baroud scrive da oltre 20 anni di  Medio Oriente.  E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, scrittore e fondatore del sitoPalestineChronicle.com. Attualmente sta completando il suo dottorato all’Università di Exeter. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press, Londa).  [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata].
Nella foto: Ramzy Baroud
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://zcomm.org/znet/article/dos-and-don-ts-things-I-learned-writing-about-the-middle-east
Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2014 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

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