Noi stiamo con le spose : i profughi siriani




Sulla stampa in questi giorni sono apparse fantasiose ricostruzioni su presunte filiere che in Italia aiuterebbero i "clandestini musulmani" provenienti dalla Siria. Una definizione sbagliata e anche discriminatoria. Dalla Siria, purtroppo, arrivano solo richiedenti asilo per essere riconosciuti come rifugiati. Sono più di 3 milioni i siriani in fuga da un paese in guerra da quattro anni. I dati sono pubblici. In più il rifugiato non è connotabile dal suo credo religioso: sarebbe strano parlare di "clandestini cristiani" o "clandestini ebrei" o "clandestini yazidi".
È di dicembre scorso poi la notizia che il Programma alimentare mondiale non avrebbe avuto risorse per distribuire cibo ai rifugiati siriani che da anni vivono in Libano, Giordania, Iraq, Turchia. In condizioni precarie, sotto delle tende ed ora affamati. È ovvio che guardino a noi, per non soccombere.
I siriani in fuga, una volta arrivati nello spazio dell'Unione europea cercano comunque di raggiungere la Germania, la Svezia, in generale il nord Europa, dove oltre all'accoglienza ci sono anche opportunità reali di costruirsi una vita. In Italia, da tempo, i rifugiati non vogliono rimanerci.
Un film molto bello realizzato da Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry, Io sto con la Sposa, è stato presentato alla Mostra di Venezia e sarebbe opportuno farlo vedere a tanti opinion maker. Il film racconta di un finto corteo nuziale che da Milano arriva in Svezia, accompagnando un gruppo di rifugiati siriani che vogliono scappare in quel paese.
Il ministero dell'Interno italiano ha in ogni caso aumentato i posti del sistema di accoglienza Sprar, ma questo rimane insufficiente a garantire al rifugiato la possibilità di trovare poi delle reali opportunità nel paese di accoglienza. Soprattutto se il paese si chiama Grecia, Bulgaria o Italia, con recessione ed alto tasso di disoccupazione giovanile. Un giovane rifugiato cercherà di andare altrove a tutti i costi. Il regolamento di Dublino dell'Unione europea stabilisce però che la richiesta di asilo vada fatta nel primo paese in cui entra il rifugiato, per questo chi sbarca sulle coste italiane cerca di andare via subito senza farsi foto segnalare. Se invece sono identificati e poi chiedono asilo politico in Svezia,o in altro paese,vengono subito rimandati in Italia o nel prima paese di arrivo. Questa è la situazione.
Giusto o sbagliato che sia i siriani non vogliono rimanere in Italia ed intorno al loro dramma si è creata un'ampia rete di solidarietà informale, talvolta anche sostenuta dalle istituzioni. A Milano sono stati in tanti ad andare alla stazione centrale per portare coperte ed aiuti ad intere famiglie che erano lì di passaggio. Dal 2012 il numero è sempre crescente. Basta farsi due passi non camminando con i paraocchi. Il Comune ha anche dato dei dormitori temporanei. Queste famiglie, anche con bambini molto piccoli, cercano di raggiungere l'Europa del nord e chiedono aiuto, a chiunque. Ci sono trafficanti senza scrupoli che cercano di lucrare su di loro e ci sono volontarie e volontari che cercano di dargli una mano disinteressata e delle indicazioni su quali siano le strade da prendere, i mezzi di trasporto più appropriati.
In realtà l'Europa si è accorta da tempo di questo flusso verso nord ed ha chiesto all'Italia di essere molto più severa. Gli austriaci hanno chiuso i varchi e molti siriani si stanno affollando ora nella provincia di Bolzano. I francesi spesso li rimandano indietro. Le autorità italiane sono diventate sempre più dure nel pretendere la foto-segnalazione con casi, anche apparsi sulla stampa, di identificazioni forzate.
A tutto questo ci sarebbe una prima soluzione. Efficace. Il senatore Manconi l'ha proposta mesi fa, anche in sede Europea. Le domande d'asilo per l'Europa si potrebbero accogliere nei paesi di transito. In Libano, Giordania. In quei paesi dove i rifugiati cercano un primo soccorso, ma che sono anch'essi così fragili da non poter garantire una reale accoglienza di lungo periodo. Gli Stati Uniti, l'Australia, la Nuova Zelanda, già utilizzano questo sistema. I soli Stati Uniti hanno aperto una quota di 69.500 persone per il 2014. È un sistema che ridurrebbe il numero di persone che tentano la via del mare o altre strade. Che non risolve, ma che aiuterebbe e chiamerebbe ciascuno Stato europeo ad assumersi delle responsabilità chiare, definendo ogni anno quanti rifugiati può accogliere. È chiaro però che le guerre del nostro tempo faranno fuggire sempre più persone di quante ne possiamo accogliere. Al momento solo tra Siria ed Iraq ci sono circa 13 milioni tra sfollati e rifugiati. Questo è l'unico dato di fondo certo.
E per questo noi siamo sempre "dalla parte delle spose", di coloro che subiscono le guerre e cercano comunque delle strade per continuare a vivere in modo dignitoso. E siamo sempre contrari a chi invece le guerre le alimenta con armi, sfruttamento e informazioni sbagliate, foriere di ignoranza, odio e razzismo.
Post scritto da Domenico Chirico, direttore di Un ponte per...

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