Bloccare l'Aia: come l'esercito israeliano pensa di evitare azioni legali internazionali
Bloccare l'Aia: come l'esercito israeliano pensa di evitare azioni legali internazionali
- Categoria: Politiche israeliane
- Pubblicato Venerdì, 16 Gennaio 2015 12:36
- Scritto da Amos Harel
La
decisione di indagare su episodi avvenuti durante l'operazione "Margine
protettivo" a Gaza la scorsa estate ha creato scompiglio nell'esercito
israeliano [IDF]. Ma è così che Israele intende ridurre la pressione
internazionale e bloccare misure legali all'estero contro ufficiali
dell'esercito.
3 gennaio 2015
La tempesta sulla brigata Givati - in seguito alle
accuse di molestie sessuali e altri reati a sfondo sessuale nel
battaglione Tzabar della brigata [due soldatesse israeliane hanno
denunciato di essere state violentate ed altre di essere state molestate
sessualmente. N.d.tr.]- che hanno tenuto occupato l'IDF per più di metà
del mese di dicembre hanno lasciato il posto questa settimana a
un'altra polemica che sembra essere più relativa a una questione di
principio.
Quanti più ufficiali sono convocati negli uffici
della polizia militare in giro per il paese per essere interrogati in
merito ad episodi avvenuti durante l'operazione "Margine protettivo"
contro Gaza la scorsa estate, tanto più intensa diventa la polemica
nell'IDF. Lo Stato maggiore e i comandanti sul terreno sono in subbuglio
per le 13 inchieste che sono state intraprese dalla polizia militare in
base alle direttive dell'ufficio della procura generale militare. E
anche se esperienze precedenti, dalla prima Intifada fino all'ultima
guerra contro Gaza, dimostrano che solo raramente sono emesse
imputazioni contro ufficiali per le loro infrazioni penali o
disciplinari in battaglia - nessuno vuole diventare l'eccezione alla
regola.
La persona al centro dell'attuale scalpore, il
maggiore generale Danny Efroni, il procuratore generale militare (PGM),
non sembra essere troppo
disturbato dalla rabbia rivolta contro di lui. Questa settimana, come
viene riportato da Gili Cohen [giornalista di Haaretz. N.d.tr.] nel suo
articolo, ha detto che non
cambierà il modo in cui sta conducendo le inchieste solo perché i
sospettati sono ufficiali di alto grado. Il PGM ha spiegato che è un suo
obbligo riservare lo stesso trattamento "sia a un civile che è appena
stato arruolato che a un comandante veterano con i suoi gloriosi
precedenti." Ha aggiunto che, per quanto lo riguarda, lo "stato di
diritto" nell'esercito israeliano non è solo un vuoto slogan.
C'è anche una ragione politica implicita nelle
indagini, contenuta nella seconda parte del rapporto finale del comitato
Turkel [commissione d'inchiesta nominata dal governo israeliano e
composta da esperti israeliani e da due politici stranieri. N.d.tr.] che
ha indagato sulla vicenda della flottiglia turca nel 2010: poiché
Israele presuppone, di fronte
al contesto sia dell'operazione "Margine protettivo" che del rapporto
Goldstone delle Nazioni Unite nel 2009 relativo all'operazione "Piombo
fuso" a Gaza, che un'esauriente indagine interna ridurrà la pressione
internazionale e bloccherà misure legali all'estero contro ufficiali
dell'esercito - il comitato Turkel ha sostenuto di avere un interesse
acquisito nel perseguire queste indagini militari.
In seguito alla pubblicazione del rapporto Turkel, è
stata decisa una nuova modalità di inchiesta militare, sotto il comando
del maggiore generale Noam Tibor, per cui (soprattutto riguardo a
incidenti nei quali una gran numero di civili palestinesi sono stati
uccisi) vengono effettuati interrogatori operativi e i risultati sono
condivisi con la PGM. I comandanti di brigate e battaglioni non
gradiscono questo sistema, ma Efroni è convinto in tal modo di evitare
loro di affrontare la Corte Penale Internazionale dell'Aia. Il pericolo
dell'Aia, che in precedenza era percepito come teorico, è diventato più
concreto questa settimana dopo che l'Autorità Nazionale Palestinese ha
fatto richiesta di adesione alla Corte.
Questa settimana la pubblicazione sul sito Ynet di
video clips, comprese le registrazioni dalle radio da campo dell'IDF
durante la battaglia di Rafah il 1 di agosto (ora noto come "venerdì
nero"), deve essere considerata in questo contesto. Questa informazione è
trapelata come parte di una lotta che ha due obiettivi: ridurre la
libertà di azione della PGM nell'inchiesta su lacune operative e come
parte di uno sforzo in corso per salvare il colonnello Ofer Winter
[ufficiale ultraortodosso secondo cui l'operazione era la "guerra santa
contro i palestinesi". N.d.tr.], comandante della brigata di fanteria
Givati.
Winter è stato nell'occhio del ciclone fin dal
conflitto a Gaza iniziato lo scorso luglio. Negli episodi relativi al
battaglione Tzabar, che sono venuti alla luce dopo la guerra e non sono
direttamente connessi a questo, Efroni ha deciso di porre fine
all'inchiesta su Winter. Ma riguardo al "venerdì nero" a Rafah, se la
PGM decide di iniziare un'indagine, gli ordini di Winter e le azioni per
cercare di impedire il rapimento del luogotenente Hadar Goldin quel
giorno [il presunto rapimento di Goldin da parte di miliziani
palestinesi diede il via ad un attacco indiscriminato contro i civili a
Rafah, che forse ha determinato la morte dello stesso Goldin. N.d.Tr.]
saranno il fulcro dell'intera inchiesta.
Contrariamente all'impressione che si può ricavare
da qualche reportage dei media, Efroni non ha "scoperto l'acqua calda"
dopo l'operazione "Margine protettivo". Dopo l'operazione "Piombo fuso",
il suo predecessore maggiore generale Avichai Mandelblit, ha ordinato
alla polizia militare di interrogare formalmente l'uomo che all'epoca
era il comandante della Givati, il colonnello Ilan Malka [l'ufficiale
partecipò al "massacro del distretto di Zeitun", nel quale vennero
uccisi 48 palestinesi, quasi tutti civili, ed impedì l'arrivo delle
ambulanze. N.d.tr.]. L'inchiesta penale contro Malka è finita, ma la sua
promozione è stata rimandata ed egli è stato biasimato per un altro episodio, come lo è stato il comandante della divisione Gaza, il
brigadiere generale Eyal Eizemberg [accusato di aver autorizzato un
attacco con proiettili al fosforo contro una scuola dell'ONU piena di
rifugiati durante "Piombo fuso", è stato giudicato per "abuso di
autorità in modo da mettere a repentaglio la vita altrui", ma senza
conseguenze. N.d.tr.] l'attuale capo del Comando del Fronte Interno.
Il
capo di gabinetto [del govenro Netanyahu] Benny Gantz ha dichiarato
mercoledì di avere "piena fiducia nel comandante della brigata Givati,
nei comandanti di battaglione e in quelli di compagnia della Givati e di
altre brigate." I soldati e gli ufficiali, ha aggiunto, ricevono "il
pieno appoggio degli ufficiali di comando...e se qualcuno ha trasgredito
agli ordini e ha commesso gravi atti vietati ci occuperemo anche di
questo. Faremo delle indagini e se necessario le completeremo con
inchieste penali." Con un gesto per lui inusuale, Gantz ha anche
ordinato un'altra indagine della polizia militare: scoprire chi ha reso
pubbliche le registrazioni della battaglia di Rafah."
Come
ampiamente prevedibile, i politici sono saliti sul carro dell'appoggio
agli ufficiali presi di mira. Stavolta il primo a farlo nel governo
Netanyahu non è stato Naftali Bennett [ministro dell'Economia e capo
dell'estrema destra dei coloni. N.d.tr.], ma piuttosto Moshe Kahlon
[ministro delle Comunicazioni e del Welfare e Servizi sociali, ex Likud e
fondatore del nuovo partito di destra Kulanu. N.d.tr.], con un post su
Facebook dopo che le registrazioni sono state rese pubbliche. Kahlon ha
tracciato i limiti dell'inchiesta penale, in base al suo punto di vista:
depredare e sparare intenzionalmente contro i civili sono atti che
devono essere sottoposti a un'inchiesta penale, ma l'uccisione involontaria di civili durante azioni militari non deve essere indagata.
Si tratta di un argomento discutibile per tre ragioni. Primo, perché sparare
senza che sia stato ordinato in un contesto di civili ("Smettete di
sparare, state sparando come idioti!" si sente rimproverare i suoi
uomini un comandante di battaglione della Givati nella rete radiofonica
dell'esercito) denota un problema di professionalità. Ed è dimostrato
che i rapporti sulle operazioni non chiariscono necessariamente appieno i
fatti. Secondo, se l'IDF è effettivamente l'esercito più morale al
mondo, come sentiamo ripetere giorno e notte, non può ignorare
l'uccisione di dozzine di civili, anche se non intenzionale, per non
parlare dell'eventualità che sia stata voluta. E terzo, il diritto
internazionale pone l’obbligo di tale inchiesta penale, e Israele sta
giocando su questo piano, anche se con disappunto.
Comunque,
le lamentele a proposito dell'umiliazione dei pezzi grossi dell'IDF
durante l'inchiesta sembrano esagerate. Se un comandante di brigata o di
battaglione è in grado di guidare coraggiosamente le sue truppe in
battaglia, sotto il fuoco nemico, dovrebbe sicuramente essere capace di
affrontare qualche seccante domanda da parte di un sottotenente della
polizia militare.
Un quadro fosco
Questa
settimana l'IDF ha annunciato la conclusione del suo rapporto operativo
sull'operazione "Margine protettivo". Se le indagini sulla seconda
guerra in Libano, nel 2006, hanno trasmesso un chiaro senso di vergogna
nei ranghi dell'esercito, fino al punto da arrivare
all'autoflagellazione - non è questo lo spirito del rapporto relativo a
Gaza. L'esercito israeliano è uscito da Gaza deciso a persuadere la
nazione di aver vinto la guerra.
Chiaramente
il comitato per gli Affari Internazionali e la Difesa della Knesset non
ha intenzione di impedirlo. Il nuovo portavoce del comitato, il
parlamentare Yariv Levin (del Likud), ha annunciato ufficialmente questa
settimana quello che era già scontato un mese fa, quando si è deciso di
andare alle elezioni: la pubblicazione del rapporto del comitato
sull'operazione "Margine protettivo " sarà rimandata almeno fino il 17
marzo, giorno delle elezioni.
Le
conclusioni dei vari sottocomitati - sul comportamento del gabinetto di
sicurezza durante la guerra, sulla gestione delle unità di
intelligence, sulla qualità della risposta dell'IDF al tipo di
guerriglia attuata da Hamas a Gaza - dovranno tutte aspettare i
risultati del voto. Infatti, anche se Levin non lo ha detto
esplicitamente, si può ipotizzare che questi rapporti non verranno mai
alla luce.
Questa
settimana la rivista "Atlantic" [prestigiosa rivista nordamericana.
N.d.tr.] ha dedicato un lungo articolo di James Fallows alla "Tragedia
dell'esercito americano" un'approfondita e sconvolgente analisi delle
guerre combattute dagli Stati Uniti in Afganistan, Iraq e, ultimamente,
in Siria. Il sottotitolo riassume la conclusione:"mancanza di
considerazione per i costi e follia strategica si sono unite per attirare l'America in guerre senza fine che non si potevano vincere."
Il mese scorso la "London Rewiew of Books" [prestigioso periodico
letterario e politico inglese. N.d.tr.] ha pubblicato una recensione
della stessa lunghezza relativa a cinque libri recentemente pubblicati
che sollevano critiche spietate contro il coinvolgimento militare
inglese in Afganistan. Gli inglesi, secondo un ufficiale delle forze
speciali dell'esercito USA citato in uno di questi libri, "hanno firmato
assegni in bianco" riguardo all'Afganistan. Questa recensione, stilata
da James Meek, è intitolata "Peggio di una sconfitta."
lunghe campagne
condotte dalle potenze occidentali in Asia durante gli ultimi 13 anni.
L'operazione della scorsa estate non può essere considerata un
fallimento, in quanto l'IDF ha ottenuto qualche risultato concreto.
Tuttavia solo dopo poco più di quattro mesi dal cessate il fuoco, ci si
presenta un quadro fosco.
La
gente è tornata da tempo ai suoi problemi quotidiani, e a ragione.
L'esercito è convinto di avere vinto. La maggior parte dei reportage dei
media sulla guerra a Gaza si concentra sull'imminente distribuzione di
medaglie e sulla difesa degli ufficiali al comando di fronte a quella
che viene vista come la persecuzione ai loro danni da parte delle
autorità giudiziarie dell'IDF. Inoltre, i parlamentari sono troppo
impegnati nelle prossime elezioni per occuparsi dei risultati
delle varie inchieste. Rimangono solo le procure generali, ma ci
vorranno mesi, forse un anno, prima che i loro gruppi di lavoro
finiscano di scrivere i rapporti sui vari aspetti della guerra.
Gaza
2014 è stato il graffito sul muro riguardo alle caratteristiche dei
nemici che Israele potrebbe incontrare nelle possibili guerre future in
Libano, a Gaza o in Cisgiordania. Sembra che l'IDF stia ancora cercando
il modo di operare quando si tratta di trovare una soluzione a un
conflitto asimmetrico con un nemico che si insinua in mezzo alla
popolazione civile. Pochi tra i decisori politici sono disposti a
riconoscere questo stato dei fatti o ad impegnarsi per i cambiamenti
necessari per affrontarlo.
Un cambiamento demografico
Verso
la fine della guerra della scorsa estate, è sorta una discussione in
merito ai suoi costi rispetto ai vari segmenti della popolazione
israeliana. Indirettamente ha sollevato alcune implicazioni politiche.
Chi fa l'estremo sacrificio in uniforme testimonia della qualità e del
contributo di ogni specifico segmento? In particolare, Habayit Hayehudi
[La Casa Ebraica, partito di estrema destra del ministro Naftali
Bennett. N.d.tr.] è abile nel trasformare la preponderanza del movimento
religioso sionista nelle brigate di fanteria e nelle unità d'elite in
successi nelle urne. Ma questa volta l'impressione è che le origini
sociali o la residenza dei soldati che sono stati uccisi siano state più
equilibrate: soldati religiosi accanto a quelli dei kibbutz, quello che
si suole definire il "Vecchio Eretz [Grande] Israele" insieme alla
periferia [Harel si riferisce alle" città di sviluppo", costruite a nord
e a sud di Israele, in zone isolate, per popolarle con ebrei immigrati dal
Nord Africa (i "mizrahì", o sefarditi), dall'Etiopia (i "falascia") e
più recentemente dall'ex Unione sovietica (i "russi"). N.d.tr.], e così
via.
Il
professor Yagil Levy, dell'Open University, che ha studiato per molti
anni i rapporti tra l'esercito e la società, ha studiato la
disaggregazione dal punto di vista demografico dei soldati dell'IDF
caduti. Dopo la seconda Intifada e la seconda guerra del Libano le
analisi di Levy sui dati hanno mostrato un cambiamento concreto. Per
esempio, se si fa un confronto tra i soldati uccisi nel primo fine
settimana della guerra del Libano del 1982 e quelli morti durante tutta
la guerra del 2006 emerge che la percentuale dei caduti che Levy
definisce come della "classe media laica" diminuisce dal 68% al 54%.
La
stessa percentuale ricavata per la guerra della scorsa estate, afferma,
forse contrariamente all'impressione dell'opinione pubblica. Anche a
Gaza il 54% dei morti era della classe media laica (che include membri
dei vecchi kibbutz e moshav [comunità agricole sioniste originarie.
N.d.tr.]). Gli altri si dividono tra soldati religiosi osservanti (20%) e
soldati dalle zone periferiche (nuovi immigrati, residenti di città
lontane, minoranze - 26%).
Secondo
Levy, i dati relativi a quelli che sono caduti nell'operazione "Margine
protettivo" rafforzano la tendenza che è stata individuata all'inizio
dello scorso decennio. Nella composizione sociale dell'IDF, come in
quella dei soldati morti in battaglia, le zone periferiche hanno
acquisito un peso notevole, e questo rimane invariato.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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