1994. attentato di di Buenos Aires: la trama nera






Oggi è il 13esimo anniversario dell'attentato all'Amia di Buenos Aires, l'associazione di mutuo soccorso ebrea
“Pasteur 633. 18 luglio 1994. Ore 9:53. Una forte esplosione, seguita da un gigantesco fungo di fumo e polvere, distrusse 85 vite, 85 storie, 85 famiglie. In pochi secondo, rase al suolo la sede dell'organizzazione ebrea più emblematica d'Argentina e tutto quello che le stava intorno. Panico. Ambulanze. Gente di corsa. I vetri rotti delle finestre degli edifici ricoprivano tutta la strada. Grida che provenivano dalla moltitudine, mescolando storie miracolose e tragiche casualità del destino. Morte per decine di persone. Morte. Morte. Persone gravemente ferite trasportate nei centri d'assistenza. Spontaneamente centinaia di volontari si presentarono per aiutare, per contenere, per condividere il pianto. Il mondo fece sentire la propria rabbia, il governo argentino un silenzio che dura tutt'oggi. La società tutta uscì in strada per dire basta. Fu l'atto antisemita più orrendo accaduto in Argentina dopo la Seconda guerra mondiale”. Con queste parole, la comunità ebrea argentina presenta nel suo sito internet l'attentato all'Amia, l'associazione di mutuo soccorso ebraica, di cui oggi ricorre il 13esimo anniversario. Da allora, poca chiarezza è stata fatta su colpevoli e mandanti, e la fitta trama dell'intrigo internazionale resta ancora tutta da chiarire.
 
attentato all'Amia. Luogo di cultoTrama internazionale. “Le indagini su questo processo sono totalmente ferme, soprattutto da quando il giudice Juan Josè Galiano è stato estromesso dalla causa”. Ad aiutarci a dipanare la matassa del complesso caso Amia è Alfredo Somoza, dell'Istituto di cooperazione economica internazionale, esperto di America Latina. “L'amministrazione Kirchner – spiega - ha accusato il giudice di aver incolpato tre persone senza prove. Un atteggiamento dettato dalla linea politica dei governi precedenti e di Menem, con il fine di incastrare chiunque pur di trovare dei colpevoli e far tacere per sempre questa storia. Risultato: il giudice, estromesso e i tre, assolti. Adesso siamo punto e a capo”. Secondo Somoza, Kirchner almeno ha avuto il merito di aver alzato il tono contro quelli che furono i partner internazionali dell'attentato, tanto da arrivare a chiedere l'estradizione di membri dell'entourage del governo iraniano, tentando di colpire chi realmente sta dietro questo attentato: Hezbollah e Teheran. Una mossa che ha provocato un caso diplomatico, ma che non ha chiarito le connessioni argentine che permisero una simile strage. “Se punti il dito solo fuori del paese – precisa Somoza – restano comunque mancanti dei tasselli che ricostruiscano la mappa delle connivenze interne, senza le quali mai nessuno avrebbe potuto orchestrare un attentato nel centro di Buenos Aires”.
macerie dell'Amia dopo l'attentato del 1994Trama locale. “Di mezzo ci sono i settori deviati della polizia, utilizzati per chiudere un occhio e far entrare i responsabili materiali. Ma è certo che questo attentato nasce nella politica degli anni novanta – incalza Somoza - e lo si capisce valutando i rapporti fra Menem e il mondo arabo. Figlio di siriani, di famiglia musulmana dunque, era stato fortemente appoggiato dai fondi arabi per farsi eleggere presidente nel 1989. Poi, appena eletto, che fa? Nella guerra del Golfo del '90 stupisce tutti entrando nella coalizione e inviando addirittura delle navi in supporto Usa. Un atteggiamento che gli valse una rottura senza ritorno con Iran e Siria. E due attentati: uno all'ambasciata israeliana e l'altro all'Amia. Non solo: anche la morte di suo figlio sembra rientrare in questa oscura vendetta”. Ufficialmente morto in un incidente in elicottero, sembra che la dinamica nasconda la mano di attentatori. “Fra arabi – spiega - colpire il primogenito è un colpo assai simbolico”. Una trama ingarbugliata che ruota attorno all'ex presidente. Secondo Alfredo Somoza, l'Argentina ha sempre avuto ottimi rapporti con i Paesi arabi, tanto da appartenere fin dall'inizio ai non-allineati, quindi questi attentati sono comprensibili solo se letti come una vendetta per il tradimento di Menem, che aveva con gli Usa quello che lui stesso definiva un “rapporto carnale”. Purtroppo, sono trascorsi 13 lunghi anni e ricostruire adesso il tutto con prove alla mano è impossibile.
Amia, muro che contiene i nomi delle 85 vittimeAncor pià intricato. Che Menem sia assolutamente implicato nella faccenda è convinzione anche di Gregorio Dionis, direttore di Radio Nizkor: “Menem sa chi sono i responsabili e tutto il settore poliziesco della provincia di Buenos Aires fu coinvolto. Sviscerare a livello giudiziario responsabilità e mandanti è però ormai impossibile. Non resta che puntare a una reazione politica, di pulizia interna nei settori deviati che orchestrarono questo e altri intrighi”. Ma Dionis punta maggiormente sull'implicazione degli uomini legati a quello che fu la dittatura militare argentina. Non si tratta solo di polizia deviata, bensì di settori che tutt'ora agiscono indisturbati, legati al nazionalsocialismo. “È impossibile che la trama internazionale che sta dietro l'attentato abbia potuto fare a meno di forti appoggi interni. Il livello di preparazione tecnologica usato non si può importare. È preparato da specialisti interni. Ci sono 22 servizi di intelligence in Argentina. Come organizzare un attentato del genere e poi uscire dal paese senza essere intercettati dagli 007? Non ci crederò mai. Qualcuno sapeva e orchestrò il tutto. È molto difficile che la verità venga fuori. Accaddero molte cose simultaneamente”. Anche il direttore precisa che l'attentato all'Amia non fu un fenomeno isolato, ma lo lega anche all'esplosione alla fabbrica di munizioni di Cordoba e al progetto missilistico Condor Due. “Sono convinto che quello che ci sta dietro siano le forze che si unirono affinché il missile Condor Due non venisse portato a termine. È un'opinione personale, senza prove, ma tutte queste cose vanno messe insieme per capire. Dietro al missile Condor Due ci sono implicati forze oscure anche internazionali e non solo interne fasciste. La trama è oscura. Non credo che sia stato un attentato esclusivamente contro gli ebrei in quanto tali. È stata una vendetta, ma anche un'occasione per deviare percorsi politici già intrapresi e che hanno a che vedere sia con Menem, che con le forze armate. Chiedete a tutti gli uomini di potere fascisti ancora in auge in Argentina, loro sanno quel che veramente successe”.

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