Giorgio Forti : Un risarcimento è dovuto ai Palestinesi


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Giorgio Forti, membro di ECO, è Professore Emerito alla Facoltà di Scienze dell’Università Degli Studi di Milano, e Socio dell’Accademia Nazionale Dei Lincei.

La guerra, “civile” ed esterna, che devasta la Siria e l’Irak, e minaccia di estendersi a macchia d’olio in tutto il vicino e medio oriente, è legata allo scontro tra gli interessi delle grandi potenze, e alle lotte armate tra religioni ed etnie strettamente intrecciate con questi interessi. Non sfugge il ruolo della politica di Israele in questo complesso scenario, per la sua volontà di far liquidare dai potenti alleati occidentali i regimi politici amici del “nemico” Iran, prima che l’opinione mondiale si accorga che l’Iran è oggi sempre meno “nemico”. L’Iran potrebbe anzi diventare un fattore di equilibrio nel medio oriente. Infatti, l’Iran ha una diffusa cultura che sopravvive anche sotto il regime degli Ayatollah, ed un’opposizione capace di generare una leadership politica. Questo non sembra percepito dalle dirigenze politiche Occidentali, dominate come sono dall’influenza israeliana.
L’occupazione militare e l’installazione in massa di coloni israeliani nelle terre palestinesi occupate si distingue tra tutte le imprese coloniali per lo scopo dell’occupante, che non è solo di dominare e sfruttare il colonizzato, ma di sostituirlo con una propria popolazione. La storia del Sionismo dal proclama del 1897 ad oggi dimostra che la volontà di acquisire tutta la terra dal fiume Giordano al Mediterraneo per crearvi uno Stato solo per gli Ebrei, cacciandone gli abitanti Arabi, ha guidato e guida tuttora i dirigenti della comunità ebraica immigrata in Palestina dall’Europa e divenuta Stato di Israele nel 1948.
In Europa e negli USA la volontà di sostenere libertà, giustizia e pace per i Palestinesi è di persone e gruppi, associazioni e movimenti: ma i governi, con l’enorme potere coercitivo degli stati moderni, sono dalla parte di Israele, e le recenti proposte di riconoscere uno Stato di Palestina senza territorio non cambia sostanzialmente le cose. Con Israele hanno una costosa cooperazione militare, e privilegiati rapporti commerciali e culturali. Israele esercita una enorme influenza su tutti i governi occidentali, soprattutto gli USA, imponendo la propria volontà politica in tutte le decisioni importanti che riguardano il Medio Oriente e non solo. Nelle ultime settimane, sembra che una nuova pratica politica possa farsi strada in Europa, con il riconoscimento di uno Stato di Palestina accanto ad Israele.
Per attuare una solidarietà reale con i Palestinesi, l’azione dell’Europa potrebbe essere efficace se la Comunità Europea prendesse provvedimenti forti contro la violazione continua da parte di Israele delle norme stabilite dalle Nazioni Unite per la Palestina, e in appoggio alla costituzione da parte dei Palestinesi delle strutture politiche che meglio crederanno, ed al loro riconoscimento generale. A nulla servirebbe il formale riconoscimento di uno Stato di Palestina, accanto ad Israele, se allo Stato Palestinese non vengono garantiti confini sicuri ed aperti al resto del mondo: e prima di tutto, la cessazione dell’occupazione militare e da parte dei coloni israeliani.
L’Europa e gli USA hanno pagato e stanno pagando ad Israele risarcimenti finanziari di grande rilievo per le persecuzioni nazifasciste culminate nella Shoah, e li pagano allo stato ebraico, cioè solo agli ebrei israeliani, sotto forma di armi, infrastrutture e privilegi commerciali e culturali. Mentre nulla o quasi hanno dato ai palestinesi, che hanno diritto di essere risarciti da chi ha imposto loro l’invasione della loro terra da parte degli ebrei europei sopravvissuti alla Shoah, ed anche di molti ebrei di altri Paesi mai assoggettati al dominio nazista. In questo modo l’Europa ha scaricato sui Palestinesi le proprie colpe contro gli Ebrei culminate con la Shoah, un crimine di genocidio tutto europeo, di cui i palestinesi non portano alcuna responsabilità. Gli USA hanno le maggiori responsabilità dell’appoggio incondizionato alle peggiori politiche di persecuzione razzista da parte di Israele, di cui sono complici da decenni. Per metter fine a questo stato di estrema ingiustizia, molto potrebbero contribuire le comunità degli ebrei residenti fuori da Israele, che sono invece per la grande maggioranza schierate, per sentimenti ultranazionalisti pro-Israele, a giustificare qualsiasi ingiustizia commessa dallo stato ebraico.
Come italiani ed europei, crediamo che i nostri governi debbano risarcire i Palestinesi dell’offesa e danno enorme loro provocato causando l’occupazione della loro terra da parte degli Ebrei: si adottino le giuste scelte etiche e politiche che la situazione impone e si dedichino le risorse, oggi spese per armare il già potentissimo Israele, a promuovere lo sviluppo della Palestina tutta, in modo da renderla capace di accogliere il ritorno nella loro terra dei profughi che lo desiderino, molti dei quali vivono ormai da tre generazioni in campi profughi, spesso in condizioni inumane. E’ questo un impegno a cui l’Occidente non può sottrarsi: il suo complesso di colpa per la Shoah non può renderlo complice di una seconda persecuzione razzista, quella contro i Palestinesi. Ai Palestinesi spetta il diritto di decidere quale tipo di società costruire per sé ed i loro figli, tenendo conto della realtà esistente nella regione. Noi non possiamo certo imporre una soluzione (uno o più stati, secondo nostre preferenze) a questo difficile problema, ma solo assicurare loro condizioni di libertà e parità nei rapporti che inevitabilmente dovranno stabilire con il governo ed il popolo israeliano.
In mancanza di pacificazione in Palestina e dintorni, la minaccia di una guerra che ha tutte le premesse per diventare mondiale diventa sempre più reale, coinvolgendo le grandi potenze e le medie e piccole che le seguiranno


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