Combattere per la libertà e sperare: Kobani e oltre

DonneCurde
Combattere per la libertà e sperare: Kobani e oltre
Di Preeti Kaur
15 ottobre 2015
Nelle tre settimane scorse, Kobani, una città curda in Siria, situata al confine con la Turchia, è stata assediata dalle milizie dello Stato Islamico. Squadre di difesa curde – con donne coraggiose che difendono le barricate di Kobani – hanno finora condotto una resistenza eroica contro l’IS. (NBC, 11 settembre, 2014). I militanti dell’IS circondano Kobani minacciando un massacro come quello di Srebrenica (teleSUR, 12 ottobre, 2014). La Turchia in modo aggressivo si rifiuta di fornire ai curdi il necessario aiuto per sconfiggere l’IS. Invece, 30 dimostranti che chiedevano alla Turchia di farsi avanti e di difendere i curdi da un potenziale massacro, sono stati uccisi in Turchia. (NYTimes, 12 ottobre).
Il silenzio della Turchia in risposta alle richieste di assistenza a Kobani, è coerente con la decennale repressione che ha operato contro i curdi. Anche gli Stati Uniti implorano la Turchia di aiutare a difendere Kobani dall’IS. Gli Stati Uniti lo fanno malgrado la loro storia di incoraggiamento al terrorismo di stato turco, contro la minoranza curda. Per decenni il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha combattuto per l’autonomia dallo stato turco. Più di 35.000 curdi sono morti, milioni di curdi si sono dovuti trasferire, migliaia sono stati torturati, e le espressioni della cultura curda sono state represse. Come ha di recente messo in evidenza l’accademico e politologo Noam Chomsky, la repressione omicida e distruttiva della popolazione curda da parte della Turchia, specialmente negli anni ’90, era fondamentalmente dipendente da un enorme afflusso di armi statunitensi, dato che il terrore di stato turco contro i curdi in quel periodo stava aumentando (teleSUR, 29 settembre 2014). Più di recente, dei documenti di WikiLeaks hanno mostrato come gli Stati Uniti e la Turchia operassero insieme per chiudere una rete televisiva curda (Roy TV) che promuoveva la espressioni della cultura curda (teleSur, 29 settembre, 2014). Gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la NATO e la Turchia continuano a definire e il PKK una “organizzazione terrorista” e a metterla nella propria lista.
I curdi sono una popolazione in gran parte musulmana, che è compresa in quattro paesi: Turchia, Iran, Iraq e Siria. Si parla ancora del PKK come se fosse un’organizzazione marxista che lotta per uno stato nazione indipendente. Tuttavia il leader del PKK, da anni detenuto, si sa che ha adottato la visione di “municipalismo libertario e di comunalismo ispirati dalla visione dall’ecologista sociale e anarchico, Murray Bookchin. Il municipalismo libertario chiede ai curdi di formare delle Comunità libere, che si governano da sole, basate su principi di democrazia diretta, in cui i confini nazionali diventerebbero, con il tempo, sempre privi di senso. In questo modo la lotta curda può essere considerata come un modello per un movimento a livello mondiale verso una democrazia genuina e un’economia cooperativa, simile, come molti hanno fatto notare, al movimento indigeno degli Zapatisti nel Chiapas (vedere, recentissimamente, per esempio, David Graeber sul Guardian dell’8 ottobre 2014).
Di fronte al silenzio perverso e ingestibile della Turchia per il disastro di Kobani, – migliaia di persone sono state allontanate dalle loro case e hanno cercato un rifugio. Migliaia di altre persone si sono radunate per protestare: questo è accaduto in città di tutto il mondo. (teleSUR, 10 ottobre 2014). Le azioni di solidarietà di questa natura si devono moltiplicare fino a quando la Turchia risponderà in maniera efficace, e appoggerà coloro che difendono Kobani e centri simili contro l’IS.
Mentre onoriamo le donne e gli uomini che stanno oggi combattendo l’IS, è importante non dimenticare le donne e gli uomini curdi che sono stati torturati, messi in prigione, soggetti a esecuzioni extragiudiziali, e quei prigionieri politici che restano in carcere accusati o condannati per reati dubbi. Oggi, una giovane donna curda – Zeinab Jalailan – condannata per “ostilità contro Dio” perché appartiene a un gruppo filo-curdo di opposizione, si trova in una prigione iraniana in condizioni di salute che si vanno deteriorando, e forse sta perdendo la vista. E’ stata arrestata a 24 anni e subito dopo condannata a morte con un “processo” che è durato soltanto pochi minuti, e dove nessuno la rappresentava legalmente. Sebbene questa sentenza sia stata commutata in ergastolo, sono venute fuori delle accuse che fanno pensare che Zeinab sia stata torturata e che abbia subito violenza sessuale durante la detenzione. A quanto si dice può parlare con la sua famiglia soltanto pochi minuti a settimana e le vengono negate cure mediche perché si rifiuta di venire sottoposta con la forza al test di verginità. (Amnesty International USA, 9 luglio 2010). A quanto si dice, Zeinab ha lasciato la sua casa paterna intorno ai 20 anni per assicurarsi che potesse ricevere un’istruzione, ed è stata poi impegnata in iniziative educative e di assistenza sociale nelle comunità curde all’interno dell’Iraq ed è stata arrestata, mentre stava tornando in Iran, nel 2008.
Mentre Malala Yousafzai, un’attivista pachistana per l’istruzione delle ragazze, che è diventata la più giovane assegnataria del Premio Nobel di qualsiasi categoria, vince il premio Nobel, e si sta rendendo onore alle donne che hanno scelto di combattere per la libertà in Siria, non dimentichiamo quei prigionieri politici che sono ancora detenuti oggi, e speriamo che tutti noi un giorno saremo liberi.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://zcomm.org/znet/article/fighting-and-hoping-for-freedom-kobani-and-beyond
Originale: TeleSUR English
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2014 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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