Susan Abulhawa :Il valore dei figli
l valore dei figli
Susan Abulhawa, The Hindu, India
Internazionale n. 1058, 4/10 luglio 2014
La
morte dei tre ragazzi israeliani ha suscitato grande commozione in
tutto il mondo. Ma l'occidente non riserva le stesse attenzioni alle
vittime palestinesi, commenta la scrittrice Susan Abuihawa
I
corpi dei tre giovani israeliani scom-parsi il 12 giugno sono stati
ritrovati in una fossa scavata frettolosamente ad Haihui, a nord di
Hebron. Da quando Naftali Fraenkel, Gilad Shaar ed Eyal Yifrah sono
scomparsi da Gush Etzion, una colonia ebraica in Cisgiordania,
Israele
ha messo sotto assedio quattro milioni di palestinesi facendo irruzione
nei villaggi, perquisendo case e uffici pubblici, lanciando raid
notturni, ferendo e uccidendo. La Striscia di Gaza è stata ripetutamente
bombardata da aerei da guerra. Finora sono stati arrestati più di 422
palestinesi, tra cui Samer Issawi, l'uomo che aveva condotto uno
sciopero della fame di 266 giorni per protestare contro un precedente
arresto arbitrario. Almeno sei palestinesi sono stati uccisi e centinaia
feriti.
Le
università e gli uffici dell'assistenza sociale sono stati perquisiti e
costretti a chiudere, i computer e tutte le apparec-chiature sono stati
distrutti o rubati, docu-menti pubblici e privati sono stati
confisca-ti. Questi crimini sono la politica ufficiale dello stato
israeliano messa in atto dai suoi militari, e si aggiungono alle
violenze con-tro le persone e le proprietà commesse dai coloni, che
nelle ultime settimane hanno intensificato gli attacchi contro i
palestine-si. Dopo la conferma della morte dei tre giovani, il 30
giugno, Israele ha giurato vendetta. Il ministro dell'economia Naftali
Bennett ha dichiarato: "Non c'è pietà per
chi ha ucciso dei ragazzi. È il momento dell'azione, non delle parole".
Anche
se nessuna fazione palestinese ha rivendicato il rapimento - e quasi
tutte, compresa Hamas, hanno negato il loro coinvolgimento - il primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu è convinto che
Hamas
sia responsabile. Le sue accuse però sono state accolte con sospetto,
soprat-tutto dopo che Netanyahu ha espresso pub-blicamente la sua rabbia
per il riavvicinamento tra i partiti Al Fatah e Hamas, e per
l'accoglienza positiva che questo accordo ha ricevuto
dall'amministrazione Obama.
Un'ondata di condanne
I
titoli della stampa occidentale sui tre ra-gazzi rapiti hanno sempre
parlato di "caccia all'uomo" e di "operazione dell'esercito". Le storie
di quei giovani innocenti sono apparse su tutti i mezzi d'informazione e
le parole dei loro genitori sono state riportate con tutto il loro
carico di angoscia. Gli Stati Uniti, l'Unione europea, l'Onu, il Regno
Unito, il Canada e il Comitato internazionale della Croce rossa hanno
condannato il rapimento e chiesto il rilascio immediato e incondizionato
dei ragazzi.
Il
ritrovamento dei cadaveri ha suscitato un'ondata di proteste e
condoglianze. Il presidente statunitense Barack Obama ha dichiarato:
"Come padre, posso immaginare l'indescrivibile dolore dei genitori di
quegli adolescenti. Gli Stati Uniti condannano fermamente questo
insensato atto di terrorismo contro tre giovani innocenti".
Raramente il mondo reagisce in questo modo quando muoiono dei ragazzi palestinesi.
Poco prima della scomparsa dei tre israeliani, l'omicidio di due
adolescenti palestinesi era stato ripreso da una telecamera. Una serie
di prove - tra cui le pallottole usate e un video girato dalla Cnn del
momento in cui un cecchino premeva il grilletto e uno dei ragazzi cadeva
a terra -importa che i tre ragazzi studiassero in un ha dimostrato che
sono stati uccisi a sangue freddo dai soldati israeliani. Ma i leader mondiali e le istituzioni internazionali non hanno lanciato condanne né chiesto giustizia per quei ragazzi.
Nessuno
sa ancora con certezza chi abbia ucciso i tre israeliani. Ma questo non
importa, perché in Israele sembra che tutti chiedano il sangue dei
palestinesi. E non importa che i tre ragazzi studiassero in un
insediamento illegale, costruito sui terreni rubati ai palestinesi del
del villaggio di Al Khader. Una buona parte dei coloni che vivono in
quell’insediamento è composto da statunitensi, molti dei quali
provenienti da New York., come uno dei ragazzi uccisi. Queste persone
hanno il privilegio di mantenere la doppia cittadinanza, di avere una
casa nel loro paese e una in Palestina, mentre i palestinesi vivono nei
campi profughi, nei ghetti delle città occupate o in esilio.
Quasi
ogni giorno i ragazzi palestinesi vengono aggrediti o uccisi, ma i
mezzi d'informazione occidentali raramente ne parlano. Le madri
palestinesi sono spesso accusate di averli mandati a morire o di non
averli tenuti in casa lontano dai cecchini israeliani. Ma nessuno ha
puntato il dito contro Rachel Fraenkel, la madre di uno dei tre giovani
rapiti. Nessuno le ha chiesto perché ha deciso di trasferirsi in
Cisgiordania dagli Stati Uniti per vivere in una colo-nia isolata
costruita su un terreno confisca-to. Nessuno la accusa di aver messo in
pericolo la vita di suo figlio.
Nessuna madre dovrebbe veder morire suo figlio. Nessuna madre e nessun padre. Ma questo non vale solo per i genitori ebrei.
La vita dei figli dei palestinesi non è meno - preziosa e la loro perdita non è meno devastante. Eppure c'è una terribile disparità i tra il valore che viene attribuito alle vite degli uni e degli altri.
In
Israele gli ebrei sono favoriti per quanto riguarda i posti di lavoro,
le opportunità di studiare e l'acquisto e l'affitto delle case. Inoltre
non devono sottostare alle innumerevoli ordinanze dell'esercito che
impongono limiti agli spostamenti, all'uso dell'acqua, all'accesso ai
generi alimentari, all'istruzione, alle possibilità di matrimonio e
all'indipendenza economica.
Sempre una risposta
Le
violenze commesse dagli israeliani nelle ultime settimane sono
generalmente accettate. Anzi, tutti se le aspettano. Il terrore che
l'esercito israeliano scatena contro i palestinesi è, come sempre
succede, ammantato della legittimità delle uniformi e delle armi
tecnologicamente avanzate.
Per i mezzi d'informazione di tutto il mondo la
violenza israeliana è sempre una "risposta", come se invece la
resistenza palestinese non fosse una risposta all'oppressione israeliana.
Quando
i figli dei palestinesi lanciano sassi contro i carri armati e le jeep
israeliane che sfilano nelle strade, quando vengono uccisi dai soldati o
dai coloni, ci si aspetta che i loro genitori si assumano la
responsabilità della loro morte. Quando i palestinesi si
rifiutano di arrendersi, sono accusati di essere dei cattivi "partner di
pace", che meritano di perdere le loro terre, affidate in uso esclusivo
ai coloni ebrei. Quando prendono le armi, sono terroristi della peggior
specie. Quando protestano pacificamente, sono dei rivoltosi a cui
bisogna sparare. Quando discutono, scrivono e boicottano il sistema,
sono antisemiti da mettere a tacere, espellere, emarginare o processare.
Ma
questo non sembra avere importanza. Conta solo che siano stati uccisi
tre adolescenti israeliani. Non importa chi è stato e in quali
circostanze, e i palestinesi dovranno soffrire per questo più di quanto
non abbiano fatto finora.
Susan Abuihawa è una scrittrice d'origine palestinese che vive negli Stati Uniti. In Italia ha pubblicato “Ogni mattina a Jenin” Il valore dei figli di Susan Abulhawa
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