Ci sono i
premi Nobel. Gli artisti e gli scrittori. I registi e i politici. E
anche alcuni religiosi di spicco. Tanti sono italiani. E tutti sono
firmatari di un appello che a Israele non piace e che per Ramallah è una
delle manifestazioni più esplicite in favore dello Stato della
Palestina.
Nel bel
mezzo dei negoziati in fase di stallo – a voler essere ottimisti – e
mentre gli Usa cercano di recuperare il recuperabile, ecco spuntare lei,
Fadwa Barghouti, moglie di Marwan, in carcere nello Stato ebraico
perché considerato la mente della Seconda Intifada, ecco spuntare lei e
dire che sì, ormai è intollerabile che suo marito stia a marcire in
galera. Soprattutto perché è una farsa politica.
E giù con un
lungo elenco di nomi eccellenti che chiederebbero a Gerusalemme di
liberare l’attivista palestinese in galera da dodici anni sottoscrivendo
la «Dichiarazione di Robben Island»,
la campagna che si ispira all’istituto penitenziario sudafricano dove
venne incarcerato Nelson Mandela: Massimo D’Alema, Luisa Morgantini,
Andrea Camilleri, Ettore Scola, don Luigi Ciotti, Desmond Tutu, Maired
Maguire, Jimmy Carter, Roger Waters (Pink Floyd), Ken Loach, Alice
Walker.
«La
liberazione di mio marito è una questione politica e non legata alle
accuse che lo hanno portato in carcere», ha detto Fadwa ieri in
conferenza stampa a Ramallah, seduta di fianco a Mohammed Shtayyeh, uno
dei capi di al-Fatah. E ancora: «Mio marito appoggia la decisione del
presidente Abu Mazen di rivolgersi alle istituzioni internazionali».
Funzionerà? A
Gerusalemme hanno da tempo fatto capire la posizione dello Stato
ebraico. E ora che i negoziati traballano, l’affaire Barghouti può
diventare il punto di non ritorno per colloqui che in questi mesi sono
stati più delle montagne russe che veri e propri incontri per la pace.
© Leonard Berber
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