L’industria del processo di pace di i Ramzy Baroud

 World Economic Formum meeting in Jordan

aprile 2014
Mentre incombe la scadenza del 29 aprile imposta dagli Stati Uniti per un “accordo quadro” tra il governo israeliano e l’Autorità Palestinese, il tempo sta terminando  anche per la stessa amministrazione americana.  L’amministrazione Obama deve inventarsi  una via di uscita per evitare una crisi politica se i colloqui dovessero fallire, come sicuramente succederà.
La probabilità è che gli americani sapessero bene che la pace nelle attuali circostanze  non è raggiungibile. La coalizione del governo israeliano è così ostinatamente anti-araba, contro la pace e contro ogni forma di accordo, che non raggiungerebbe lo scopo di appoggiare l’occupazione israeliana simile all’apartheid, basata sull’espansione coloniale, l’annessione dei confini, la confisca della terra, il controllo dei luoghi santi e molto altro ancora. Teoricamente,  secondo Benjamin Netanyahu e  i suoi alleati nella destra, nell’estrema destra e tra gli ultranazionalisti, i palestinesi andrebbero stipati in comunità disgiunte, separate tra di loro da muri, da insediamenti ebraici, da circonvallazioni per soli ebrei, da posti di controllo, da recinzioni di sicurezza, e da una grande concentrazione di presenza militare israeliana, compreso il controllo israeliano della Valle del Giordano. In effetti, mentre i politici instancabilmente parlano di pace, quella descritta qui sopra è la esatta ‘visione’ che gli Israeliani avevano in mente quasi immediatamente dopo la guerra del 1967: la conquista finale di tutta la Palestina storica e l’occupazione delle terre arabe.
Attualmente i palestinesi stanno pagando il prezzo delle precedenti visioni di Israele, dove il Muro di ferro’ di Vladimir Jabotinsky del 1923 * si abbinava al piano Allon che prendeva il nome da Yigal Allon, un ex generale e ministro nel governo israeliano che si era assunto il compito di disegnare  il progetto per i territori palestinesi da poco conquistati, nel 1967. Non soltanto non avrebbe senso che un leader sionista come Netanyahu – appoggiato da uno dei governi più di destra nella storia israeliana – tratti con i palestinesi per quella che  considera essere la Eretz Yisrael – L’intera Terra di Israele – ma inoltre egli non ha mostrato alcun desiderio, neanche il più piccolo, di raggiungere un accordo che fornirebbe ai palestinesi  tutte le loro giuste richieste, a prescindere dalla vera sovranità.
E’ inverosimile che gli americani fossero inconsapevoli della mancanza di interesse di Israele per l’intera impresa. Per prima cosa gli estremisti israeliani  come Naftali Bennett – il ministro dell’economia di Israele e capo del partito politico di destra denominato  La Patria Ebraica – stanno costantemente ricordando agli Stati Uniti per mezzo di insulti senza limiti che Israele non è semplicemente interessata a tentativi di fare la pace. Tuttavia gli americani insistono, per motivi che sono difficilmente collegati alla pace o alla giustizia.
Le precedenti amministrazioni hanno sofferto di fallimenti assoluti in passato quando hanno investito tempo, sforzi, risorse e reputazione in misura anche maggiore di Obama, per negoziare un accordo. Ci sono le solite spiegazioni del perché hanno fallito, compresa l’obiezione a qualsiasi pressione degli Stati Uniti su Israele  esercitata dalla lobby filo-sionista di Washington, che resta molto forte malgrado le battute di arresto. La lobby mantiene un caposaldo nel Congresso per tutte le questioni collegate a Israele e agli interessi israeliani dovunque.
In preparazione a un prevedibile fallimento, il Segretario di Stato John Kerry è rimasto riservato riguardo ai suoi piani, lasciando gli analisti nell’incertezza riguardo a ciò che si è discusso tra i negoziatori di Mahmoud Abbas e il governo di Israele. Proprio dall’inizio Kerry ha ridotto le aspettative. La segretezza non è però durata molto. Secondo fonti palestinesi citate sul giornale al-Quds, il quotidiano palestinese più largamente letto, il presidente dell’Autorità Palestinese si era tirato indietro da un incontro con Kerry a Parigi alla fine di febbraio perché la proposta di Kerry non soddisfaceva il minimo delle aspettative palestinesi.
Secondo il rapporto, è venuto fuori che l’ambizioso piano di pace di Kerry non era altro che una rielaborazione di ogni cosa che Israele ha tentato di imporre con la forza o con la diplomazia, e che i palestinesi avevano costantemente rifiutato: ridurre l’aspirazione palestinese di una Gerusalemme capitale  a un piccolo quartiere di Gerusalemme est (cioè Beit Hanina), e permettere a Israele di mantenere 10 grandi blocchi di insediamenti costruiti illegalmente sulla terra palestinese, a parte uno       scambio di terre inteso a  soddisfare  le necessità di sicurezza di Israele. Inoltre la Valle del Giordano non farebbe parte di qualsiasi futuro stato palestinese, né sarebbe permesso neanche alle forze internazionali di stare lì. In altre parole, Israele manterrebbe l’occupazione con qualsiasi altro nome, eccetto che all’Autorità Palestinese sarebbe permesso un livello di autonomia sui centri della popolazione palestinese. E’ difficile capire come la proposta di Kerry sia  diversa dalla attuale realtà concreta.
La maggior parte dei commenti che trattano della spinta più recente verso un accordo negoziato risalgono fino al piano di Bush del 2002, all’iniziativa di pace all’inizio dello stesso anno, o perfino agli accordi di Oslo del 1993. Ciò che viene spesso ignorato è il fatto che il ‘processo di pace’ è un’invenzione politica di un intransigente, il politico statunitense Henry Kissinger che  era stato   Consigliere per la Sicurezza Nazionale  e poi  Segretario di Stato dell’amministrazione Nixon. L’idea era di cooptare gli arabi in seguito alla vittoria militare israeliana del 1967, l’espansione improvvisa dei confini di Israele in vari confini arabi , con il pieno appoggio e incoraggiamento degli Stati Uniti . Era stato lo stesso Kissinger che aveva sollecitato l’appoggio per inviare massicce quantità di armi statunitensi a Israele che hanno cambiato il corso della guerra del 1973, ed era l’uomo che operava per assicurare i guadagni a Israele per mezzo della democrazia.
Attualmente i palestinesi stanno pagando il prezzo delle precedenti visioni di Israele, dove il Muro di ferro’ di Vladimir Jabotinsky del 1923 * si abbinava al piano Allon che prendeva il nome da Yigal Allon, un ex generale e ministro nel governo israeliano, che si era assunto il compito di disegnare  il progetto per i territori palestinesi da poco conquistati, nel 1967.
Mentre molti concludono rapidamente che il ‘processo di pace’ è stato un fallimento storico,          che l’intento che è dietro al ‘processo di pace’ non è stato mai quello di assicurare una pace durevole, ma i  successi militari israeliani. In quel senso, è stato uno splendido successo. Tuttavia, nel corso degli anni, il ‘processo di pace’ è diventato un investimento americano in Medio Oriente, uno status quo di per se stesso, e un motivo di importanza politica. Durante le amministrazioni di entrambi i Bush, padre e figlio, il ’processo di pace’ è andato di pari passo con la guerra dell’Iraq. I Colloqui di pace di Madrid  nel 1991 erano iniziati in seguito alla guerra in Kuwait e in Iraq condotta dagli Stati Uniti e avevano lo scopo di bilanciare     la militanza estrema che aveva afferrato e destabilizzato la regione. Il piano di George W. Bush è arrivato tra la guerra all’Afghanistan e i mesi prima della guerra in Iraq.
Bush è stato pesantemente criticato per essere un ‘presidente della guerra’ e per non avere una visione di pace. Il piano che è stato preparato con l’aiuto degli elementi neoconservatori della sua amministrazione,  consultandosi con la lobby,  e i pesanti emendamenti apportati dal governo israeliano, sono stati l’approccio di Willam Bush alla’pace’. Naturalmente il suo piano è fallito, ma fino a oggi la spinta non sincera di Bush alla pace, ha aiutato a mantenere la farsa del processo di pace per altri pochi anni, fino a quando Bill Clinton è arrivato sulla scena, e ha fatto partire ancora una volta la finzione del processo.
Negli quattro decenni passati, il ‘processo di pace’ è diventato un elemento diplomatico basilare nella regione. E’ un investimento che va di pari passo con il loro appoggio di Israele e con l’interesse  per le forniture di energia. E’ un fine in se stesso e viene regolarmente infuso con ragioni diverse dalla pace genuina.
Ora che la scadenza che ha Kerry per un “accordo quadro” sta rapidamente avvicinandosi, tutte le parti si devono preparare per tutte le possibilità.  Alla fine gli americani sono ansiosi di mantenere la farsa del processo di pace; l’Autorità Palestinese muore dalla voglia di sopravvivere e Israele ha la necessità di espandere gli insediamenti non ostacolata da un’insurrezione palestinese o da un’attenzione internazionale inutile. Ma ci riusciranno?
*http://www.altrainformazione.it/wp/la-costruzione-del-muro-in-palestina-monumento-alla-vergogna-di-un-mondo-assente
Ramzy Baroud (ramzybaroud.net) è un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, è consulente dei media,  e dirige il sito PalestineChronicle.com.  E’ dottorando all’Università di Exeter, nel Regno Unito. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press).  [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata].
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://zcomm.org/znet/article/the-peace-process-industry
Originale : non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2014 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

giorno 79: Betlemme cancella le celebrazioni del Natale mentre Israele continua a bombardare Gaza

BDS : A guide to online security for activists

Video:Defamation - di Yoav Shamir Film