Una finestra su Gaza :

 


“A window on Gaza” è un sito gestito dagli studenti di Gaza City e racconta la vita della Striscia. Un finestra su cui gettare lo sguardo ma anche per affacciarsi fuori, alla ricerca di nuovi scambi.

di Lorenzo Bagnoli per Q Code Magazine
“Dalla mia finestra vedo alberi di ulivi, palme e uccelli che si posano sui loro rami. È una splendida mattina. Il mio nome è Ahmed Qeshta, ho 21 anni e studio all’università Al Azhar”. Scorrono le immagini. Dalla stanza, la camera inquadra il panorama attorno, congelato in una quiete irreale.
Ahmed abita a Gaza City, nella Striscia contesa da Israele e Palestina, dal 2007 sotto un embargo che sta affamando la popolazione e l'ha già costretta al 46% di disoccupazione. Sono scampoli di pace, inimmaginabili al di là del Mediterraneo. Eppure Gaza è anche questo: apparente normalità. Nulla di più lontano nell’immaginario del mondo.
Basta youtube per guerreggiare con i pregiudizi, sapendolo usare. Basta uno smartphone per bucare l’ignoranza con un buon video. Per capire come le immagini di Gaza sotto l’acqua che si vedono oggi, derivino da una gestione insensata degli spazi. Una conseguenza del cemento e della sovrappopolazione. L’associazione pro Terra Sancta (Ats, una ong che protegge i luoghi sacri della Palestina) e Almed, il master in giornalismo dell’università Cattolica di Milano, hanno dato ad Ahmed e ad altri 22 studenti dell’università al Azhar gli strumenti per poter raccontare Gaza con i loro occhi. Loro hanno cominciato con il girare qualche immagine con il telefono.
Il workshop sul giornalismo multimediale e sull’uso di internet come mezzo di diffusione di notizie “A window on Gaza”, nome che dà anche il titolo al blog dove gli studenti continuano a raccogliere i loro lavori, è durato una settimana. Le lezioni trascorrono tra modelli di riferimento e consigli tecnici. Si organizza poi il lavoro in modo che ognuno porti a casa un pezzo dalla sua finestra, con una descrizione di quanto vede, e una notizia di cronaca cittadina.
È un’ abitudine malsana pensare che solo la guerra sia una notizia. Quando passa il fragore delle bombe, il silenzio può riempirsi di confessioni intime, di descrizioni su come si vive ogni giorno nell’assurdo di Gaza. E lì la città si mostra in tutte le sue contraddizioni. La Striscia è lo spioncino della porta attraverso cui leggere il Medio Oriente: i folli equilibrismi diplomatici tra Iran e Israele, il tentativo del Qatar di rafforzare la resistenza di Hamas, il movimento filoislamico che qui governa.
Gaza è una prigione di 360 chilometri quadrati, dove gli under 30 spesso cercano di tornare sotto il governo israeliano pur di avere luce, gas, corrente, strade pulite. Sognano anche che i due partiti che si sono spartiti il territorio palestinese si riconcilino oppure scompaiano. Non credono più nella politica.
Aprire una finestra sulla Striscia significa raccontare l’occupazione israeliana con gli occhi di chi la vive, senza interposizione. Significa vedere senza censura come la disputa interna tra Fatah e Hamas stia lasciando a secco di benzina gli abitanti. Come l’influenza dell’Egitto pesi tanto quanto quella di Israele nella vita ordinaria del popolo gazawi.
Ventidue anni di media. Senso della notizia e fame di svelare al mondo le sofferenze di Gaza. Gli studenti del workshop sentono gli occhi del mondo addosso solo quando soffrono. Invece vorrebbero che il faro mediatico riflettesse ogni giorno la luce delle loro storie.
Ognuno degli studenti ha realizzato un primo progetto seguendo un format preciso: la voce fuori campo descrive in poche parole quanto vede dalla sua finestra, individuando i protagonisti. Non basta più la notizia: serve lo storytelling, il racconto che coinvolge, in presa diretta. Perché a Gaza il senso della notizia è innato. Non c’é cittadino che non sia cresciuto al suono delle bombe, che non abbia una fila di morti da piangere…

(Foto: Hamde Abu Rahma)

22 Dicembre 2013
di: 
Lorenzo Bagnoli per Q Code Magazine
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