Intervista a Noam Chomsky: otto decenni di lotta


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di Noam Chomsky, Cornel West e Tavis Smiley – 28 dicembre 2013
Il professore emerito del M.I.T. Noam Chomsky riflette su otto decenni di lotta.
West: da PRI, Public Radio International, a Princeton. Sono Cornel West.
Smiley: E, da Los Angeles, io sono Tavis Smiley.
West: Giungiamo al capitolo finale di questo esperimento di più di tre anni. E’ stato magnifico lavorare con Tavis Smiley, ma abbiamo deciso di finire con l’unico e solo Noam Chomsky. Naturalmente egli è noto al mondo come il genio che è per le sue magnifiche scoperte e per la grammatica linguistica trasformazionale. E’ noto al mondo come uno dei grandi intellettuali democratici che cerca di dire la verità specialmente a proposito di quelli che stanno al potere, per denunciare la mendacità, l’ipocrisia, la criminalità, che siano in Asia, in Africa, in Europa, in America o nel Medio Oriente.
Oggi è con noi. Ha 85 anni. Mi dicono che li ha compiuti all’inizio di questo mese. E’ esatto, professor Chomsky?
Chomsky: E’ esatto.
West: Che benedizione però, fratello. Vorrei semplicemente cominciare con una domanda sull’infanzia e l’educazione. Ci riporti alla crescita da bambino e all’essere all’Università della Pennsylvania con, penso, i Nelson Goodman e gli Eugene Fontaine e gli altri. Che cosa è entrato dentro il giovane Noam Chomsky?
Chomsky: Sono stato fortunato per aver frequentato dai circa due ai dodici anni una scuola sperimentale gestita dalla Temple University secondo le idee di Dewey. Fu un’esperienza creativa. Non c’erano graduatorie, non c’erano voti. Il sistema educativo aveva una sua struttura ma gli scolari erano incoraggiati a sviluppare le proprie capacità di collaborare tra loro, di essere indipendenti, creativi, di arrivare ad apprendere la gioia dello scoprire e dell’imparare. Fu un’esperienza magnifica.
Sono poi passato a un istituto superiore accademico ed è stata in realtà la prima volta che ho appreso di essere uno studente bravo. Alle elementari sapevo di aver saltato un anno, ma nessuno vi prestava alcuna attenzione. Significava soltanto che ero il bambino più piccolo della classe.
Alle superiori c’erano gli esami con i voti, la competizione. Proprio le detestai.
Mi recai all’università a cercare … nell’ultimo anno ero in anticipo, avevo sedici anni; esaminai il catalogo dell’università. Naturalmente a quei tempi si andava alla scuola locale. Non c’erano … si viveva a casa e si lavorava. Era fuori discussione andare da qualche altra parte. Il catalogo dell’università appariva davvero eccitante e così ero ansioso di frequentarla.
Poi ogni corso cui mi iscrivevo, da matricola … quasi ogni corso mi allontanava dalla materia. Erano tenuti in modo così noioso e privo d’immaginazione! In effetti, circa dopo un anno stavo pensando sul serio semplicemente di ritirarmi. Avevo altri interessi.
Poi mi imbattei … per via di collegamenti politici, mi imbattei in membri della facoltà. Zellig Harris, una persona molto notevole che vien fuori che era il maggior linguista teorico del paese. Mi suggerì di cominciare a frequentare i suoi corsi di laurea. Immaginai stesse tentando di indurmi a tornare all’università. Frequentai i suoi corsi.
Lui poi mi suggerì di frequentare altri corsi di laurea in numerosi altri campi. Uno di essi era tenuto da Nelson Goodman, che hai citato, anche in matematica e in altre aree. Mi ci interessai. Non ebbi un’istruzione universitaria vera e propria. Perseguivo semplicemente interessi personali, intrecciando tra loro discipline diverse sulle quali non avevo granché di preparazione. Ma c’erano insegnanti eccezionali, come quelli che ho appena citato. Coltivavano il pensiero indipendente nel perseguimento di interessi individuali.
Poi fui tanto fortunato da arrivare ad Harvard per un paio d’anni, soltanto per una borsa di studio di ricerca riguardo alla quale ero completamente indipendente.
Poi un altro colpo di fortuna: in realtà non avevo credenziali ma fui in grado di ottenere una posizione al MIT, dove non si interessavano molto delle credenziali. E’ lì che sono rimasto per quasi sessant’anni.
West: Sessant’anni! Buon Dio, buon Dio! Comunque quando era ad Harvard ha trascorso del tempo a studiare Quine o a studiare sotto Quine? Ebbe un rapporto con WV Quine?
Chomksy: Oh, sì. Fu quello il motivo principale per cui ci andai. Per studiare con Quine.
West: Oh, bene, bene.
Chomsky: Frequentai tutti i suoi corsi e arrivai a conoscerlo parecchio bene, anche se non eravamo d’accordo quasi su nulla.
West: Posso immaginarlo, posso immaginarlo.
Chomsky: Ma imparai molto.
Smiley: Nel corso di questi sessant’anni, professor Chomsky, da intellettuale pubblico, sono curioso riguardo a come lei (non voglio dire facendo delle graduatorie o delle classifiche), ma come definirebbe i tempi in cui viviamo? Lei ha visto giorni buoni e giorni cattivi. Quanto sono buie le cose oggi, in questo paese?
Chomksy: Sono molto buie. Siamo passati attraverso … dopo la seconda guerra mondiale ci fu un periodo di crescita espansiva, il più alto tasso di crescita nella storia del paese. Fu una crescita abbastanza ugualitaria; cioè il quintile più in basso stava bene quasi quanto il quintile più alto. Fu anche un periodo di progressi per molti altri aspetti. Il movimento per i diritti civili alla fine, dopo molti anni di lotta, conseguì alcune conquiste. Si sviluppò il movimento contro la guerra. Ci fu l’inizio del riconoscimento dei diritti delle donne, cosa che non era mai avvenuta in tutta la nostra storia. Fu un periodo progressista e che guardava avanti.
Ciò cambiò negli anni ’70. Ci fu una reazione intensa, specialmente nei tardi anni ’70 e durante gli anni di Reagan e da allora in poi. Da allora, in termini strettamente economici c’è stata crescita economica. Ma, come sai, è finita in pochissime tasche. Per la maggioranza della popolazione è stato un periodo di stagnazione o declino. E’ continuato attraverso … c’è stato qualche cambiamento negli ultimi anni di Clinton, ma è stato basato prevalentemente su una bolla, una bolla tecnologica poi esplosa.
L’economia è divenuta finanziarizzata. Il cuore delle istituzioni economiche oggigiorno è costituito dalle istituzioni finanziarie. Sono molte diverse da com’erano normalmente le banche. Probabilmente sono una draga dell’economia complessiva. Alcuni analisti possono assumere una posizione più dura. [Le banche] sopravvivono principalmente grazie al sostegno del governo. La polizza assicurativa governativa  (si chiama informalmente “troppo grandi per fallire”) non solo le salva ripetutamente dai tempi di Reagan, ma offre anche accesso a credito a basso costo, a posizioni elevate in graduatoria, a essere note come essenzialmente esenti da rischi poiché saranno salvate dai contribuenti.
Di fatto c’è stato uno studio recente del FMI che ha stimato che virtualmente tutti i profitti delle grandi banche possono essere fatti risalire a questa polizza assicurativa governativa.  In generale sono molto dannose. Penso siano probabilmente molto dannose all’economia. Gli economisti non hanno studiato molto la cosa, a quanto pare. Ciò ha cambiato le cose.
Al di là di ciò che sta succedendo nel paese, che è abbastanza brutto, ci sono due grosse nuvole nere che incombono su ogni cosa e che stanno diventando sempre più gravi.
Una è la continua minaccia di una guerra nucleare, che non è stata cancellata e che è molto grave. Un’altra è la crisi dell’ecologia … la catastrofe ambientale che sta diventando sempre più grave. Stiamo correndo verso un baratro ad occhi aperti, correndo verso il disastro. Avrà indubbiamente un effetto dannoso; potrebbe avere effetti quasi letali. Non resta molto tempo per preoccuparcene.
Se mai ci saranno storici futuri, guarderanno indietro a questo periodo della storia con stupore. Il pericolo, la minaccia è evidente a chiunque abbia gli occhi aperti e dedichi una qualche attenzione alla letteratura scientifica. Ci sono tentativi di fare qualcosa riguardo alla minaccia, di ritardarla. Ci sono anche, dall’altra parte, tentativi di accelerare il disastro.
Se si guarda a chi vi è coinvolto, la cosa è parecchio sconvolgente. Alla guida del tentativo di limitare e superare il potenziale disastro ci sono popoli che definiamo primitivi. Prime Nazioni in Canada, popoli indigeni in America Latina, aborigeni in Australia, popolazioni tribali in India, e così via. Stanno cercando di ritardare la crisi.
In paesi in cui c’è una notevole popolazione indigena, come la Bolivia e l’Ecuador, si sono effettivamente fatti dei progressi significativi al riguardo. Le Prime Nazioni in Canada sono alla testa del tentativo di prevenire l’uso altamente distruttivo … lo sfruttamento delle sabbie bituminose del Canada. Quello è uno degli estremi.
All’altro estremo abbiamo i paesi più ricchi, più avanzati, più potenti del mondo, come gli Stati Uniti e il Canada, in corsa a tutto vapore in direzione dell’accelerazione del disastro.
Quando qui da noi si parla entusiasticamente di circa cent’anni di indipendenza energetica, ciò che intende dire che sostiene l’idea è: cerchiamo di estrarre dalla terra ogni goccia di combustibile fossile in modo da accelerare il disastro cui stiamo correndo incontro.
L’ironia di ciò è sconvolgente. Questi sono problemi che sovrastano  tutti i problemi nazionali di repressione, povertà, tasse sul sistema d’istruzione, enorme disuguaglianza, massiccia disoccupazione. Se si dà un’occhiata allo stesso sistema economico, la cosa è parecchio notevole. Ci sono decine di milioni di persone disoccupate, in cerca di lavoro, che vogliono lavorare. Ci sono grandi risorse disponibili. I profitti delle imprese salgono alle stelle.  
Ci sono quantità infinite di lavoro da svolgere. Attraversa in auto una città e potrai vedere ogni sorta di cose che devono essere fatte: infrastrutture al collasso, scuole che vanno ripristinate.
Abbiamo una situazione in cui un numero enorme di persone vuole lavorare. Siamo pieni di grandi risorse disponibili, tantissimo da fare. Il sistema è così marcio che le due cose non si possono mettere insieme.
Naturalmente il motivo è che c’è una quantità di profitti realizzati da quelli che in larga misura dominano e controllano il sistema.
Ci siamo allontanati dai giorni in cui c’era una qualche sorta di democrazia funzionante. A questo punto abbiamo una plutocrazia.
West: Alla luce di questo giudizio potente ma tetro, torno al suo potente e magnifico saggio ‘La Responsabilità degli intellettuali” sulla New York Review of Books, circa nel 1967, o giù di lì.
Quale sarebbe la sua valutazione dell’intellighenzia nell’impero statunitense? Allora lei disse che il ruolo consisteva era … dire la verità, denunciare le menzogne e agire. Dove ci troviamo oggi, quando lei parla delle tendenze dominanti cui si dedica l’intellighenzia?
Chomsky: La storia degli intellettuali non è granché brillante. Gli intellettuali sono quelli che scrivono la storia e dunque in un certo modo ne vengono fuori bene. Se si dà un’occhiata alla realtà, le cose sono molto diverse.
Innanzitutto il termine ‘intellettuale’ nel suo uso moderno emerge circa alla fine del diciannovesimo secolo, principalmente nelle dispute su Dreyfus in Francia. Ci sono persone lungo tutto il percorso all’indietro che sono quelli che oggi chiameremmo intellettuali.
Si prenda, ad esempio, la Bibbia. Ci furono persone, nella registrazione biblica, che condussero analisi geopolitiche condannando gli atti di re malvagi, ammonendo sui disastri che stavano causando alla società, sollecitando giustizia e compassione per i deboli e gli oppressi, e così via. Persone che sono state chiamate profeti. Quella traduzione è di una parola ebraica oscura. Ma nel nostro senso furono degli intellettuali dissidenti.
Come furono trattati? Furono cacciati nel deserto, imprigionati, perseguitati, denunciati come odiatori d’Israele. E’ quello il destino degli intellettuali dissidenti.
Ci furono altri che furono rispettati e onorati. Gli adulatori di corte. Secoli dopo … secoli dopo furono condannati come falsi profeti, ma non all’epoca.
E’ questo il modello che esiste proprio nel presente.
Tornando ai sostenitori di Dreyfus, oggi noi onoriamo i sostenitori di Dreyfus ma non fu così all’epoca. I difensori di Dreyfus furono duramente attaccati dai più insigni intellettuali dell’epoca, gli immortali dell’Academie Francaise, l’Accademia Francese. Emile Zola, il leader [dei difensori di Dreyfus] dovette abbandonare il paese. In seguito furono onorati, ma non all’epoca.
Questo è lo schema generale pressoché in tutto il mondo. Nell’Europa dell’Est gli intellettuali dissidenti erano trattati parecchio duramente. Nei domini statunitensi negli ultimi cinquant’anni sono stati minacciati molto più duramente. In America Latina potevano essere fatte loro saltare le cervella dalle forze di polizia gestite dagli Stati Uniti. Fu mostruoso.
Negli stessi Stati Uniti o in altre società ricche e sviluppate esiste un gruppo di intellettuali critici, persone come voi. Ma sono emarginati. Non sono gettati in campi di concentramento, non sono uccidi, ma sono emarginati, ignorati, condannati. Normalmente, come in passato, gli intellettuali convenzionali restano sostenitori del potere. E’ così che sono sempre andate le cose.
Smiley: Professor Chomsky, mi chiedo se posso inserirmi ora qui e porre una domanda. Ho saputo, come tutti noi, del suo magnifico complimento e tributo al professor West per il suo coraggio. Siamo tutti d’accordo con tale giudizio. Poiché lo conosco da così tanto tempo so come vive questo, ma questa è una domanda che ho sempre voluto porle, riguardo al suo punto circa il fatto che se si tenta di dire la verità si può essere emarginati e demonizzati.
Come ha superato personalmente questo? Non si tratta di una domanda politica o sociale o economica; è una domanda personale. Come ha vissuto personalmente tutti questi anni di persone che non soltanto erano in disaccordo con lei ma che in realtà andavano un passo più in là, negandole un podio. La sua voce è una di quelle che tanto spesso non udiamo sui media prevalenti. Lei è la persona più facile al mondo da trovare al MIT. Non è come se si celasse sotto una roccia. Ma come affronta non soltanto il fatto che ci sia chi dissente da lei ma anche che nega al genere di verità che esce dalle sue labbra … dalle sue labbra anche una piattaforma da cui essere udita?
Chomsky: C’è anche un ordinario flusso di condanne e denunce. Personalmente non lo considero un grande problema. Quando sarò a casa stasera, come ogni sera, dovrò rifiutare con rincrescimento una dozzina di inviti ad andare a tenere conferenze, a concedere interviste e via di seguito. Sono pubblici molto recettivi, persone impegnate e attive e vogliono realizzare cose, spesso grossi numeri, opportunità irresistibili tra persone che mi stanno a cuore. Sono le persone con cui davvero mi piacerebbe essere in grado di interagire. Non lo considero assolutamente un problema.
Quanto alle condanne e alle denunce, si tratta di ciò che succede sempre agli attivisti dissidenti critici. Come, dico, è qualcosa che si ritrova continuamente ripercorrendo l’intera storia.
Ad esempio, quando sono condannato, come spesso mi succede, per essere un odiatore di Israele, va bene, sono perfettamente felice di prendere la mia posizione al fianco del profeta Elia che fu condannato per questo dal simbolo del male nella Bibbia, il re Ahab. Sicuro, quello è schema standard. Ignoralo e va avanti e fai le cose che possono essere fatte.
Qui da noi abbiamo davvero delle opportunità, un sacco. Dovremmo essere felici di questo. Con tutti i suoi problemi questo resta per molti versi un paese parecchio libero, almeno per persone con un certo grado di privilegi. Non per, diciamo, i ragazzi neri del ghetto; lì è molto diverso.
Per quelli di noi che hanno un certo grado di privilegi ci sono un sacco di opportunità di fare cose che andrebbero fatte e se si è condannati e denunciati e ignorati dai media principali, va bene, non importa. Ci sono più …
Smiley: Ma come si fa a influenzare più significativamente il dibattito se sono negate  dai media prevalenti quelle occasioni cui la gente verosimilmente presta più attenzione?
Chosmky: Beh, io non sono convinto di questo. Se si dà un’occhiata ai cambiamenti progressistiche hanno avuto luogo nel paese, diciamo nel corso degli ultimi cinquant’anni, il movimento per i diritti civili, il movimento contro la guerra, l’opposizione all’aggressione, il movimento delle donne, il movimento ambientalista e così via, non sono stati guidati da alcun dibattito sui media. No, sono stati guidati da organizzazioni popolari, da attivisti sul campo, da Snacka [?] agli attivisti contro la guerra al movimento di resistenza ai primi gruppi femministi e così via.
E’ così che è sempre stato. I cambiamenti progressisti arriveranno. Chi ha il potere non dirà ‘grazie, rinuncio e vi consegno ogni cosa’. Lotterà per conservare il proprio diritto, il proprio potere e dominio. Lo sforzo per minare ciò, che è un costante impegno umano, proviene solitamente dalla base. E’ lì che sta l’influenza.
Uno dei motivi principali per cui, in realtà, tengo conferenze, se mi reco in qualche cittadina, è che nella nostra società fortemente atomizzata le persone di una particolare regione non sanno neppure che stanno lavorando sugli stessi temi. E’ un’occasione perché le persone si incontrino. E’ uno stimolo reciproco che ho imparato che ricavano da ciò. Interagiscono vicendevolmente e quello è il tipo di influenza che è significativo.
Prendete il movimento contro la guerra del Vietnam. Ricordo benissimo il modo in cui si avviò nei primi anni ’60; nei primi anni ’60 tenevo letteralmente conferenze nei salotti della gente a un gruppo di vicini o in una chiesa con forse quattro persone. Forte ostilità.
A Boston, che è una città liberale, fino addirittura agli inizi del 1966, non potevano tenere un’assemblea pubblica nel Boston Common [il parco cittadino – n.d.t.], né in una chiesa, senza essere aggrediti fisicamente e aggrediti anche dai media. Nel tempo divenne un movimento di massa molto considerevole ed è durato.
Ronald Reagan, ad esempio, provò … quando si insediò provò a ripetere quello che aveva fatto Kennedy nei primi anni ’60 nel Vietnam del Sud; quasi alla lettera, seguì esattamente lo stesso schema. Dovette far marcia indietro, perché c’era troppa opposizione del pubblico. Quando lo fece Kennedy e poi Johnson non c’era quasi alcuna opposizione pubblica. Questo è un grande cambiamento.
Ciò che accadde in America Centrale sotto Reagan fu sufficientemente esecrabile. Avrebbe potuto andare molto peggio, come in Indocina. Si prenda la guerra in Iraq, un’altra delle peggiori atrocità del nuovo millennio. Questa è la prima volta nella storia dell’imperialismo che ci sono state massicce proteste pubbliche prima che la guerra fosse scatenata ufficialmente.
Spesso si afferma che non hanno avuto alcun effetto. Non sono d’accordo. Penso abbiano avuto un grosso effetto. Hanno fortemente ridotto i mezzi disponibili al governo per cercare di attuare l’invasione e di sottomettere la popolazione.
Di fatto è una delle ragioni per cui gli Stati Uniti sono finiti in realtà gravemente sconfitti in Iraq. Hanno dovuto rinunciare a tutti i principali obiettivi della loro guerra. Il principale vincitore in Iraq risulta essere l’Iran.
In Indocina fu molto diverso. Là gli Stati Uniti conseguirono effettivamente i maggiori obiettivi della loro guerra. Erano preoccupati … la preoccupazione grave, risalendo indietro ai primi anni ’50, era che il Vietnam diventasse un modello di sviluppo riuscito che poteva influenzare altri nella regione.
Era presentata alla popolazione come la teoria del domino. Se si guarda all’indietro è una preoccupazione razionale che il suo sviluppo riuscito e indipendente possa indurre altri a seguire la stessa linea. Ciò deve essere represso. E’ uno dei principali temi della storia moderna. In Indocina fu represso. In America Centrale fu represso parzialmente.
Nel caso del Medio Oriente si è semplicemente trasformato in un disastro totale. A questo punto una delle conseguenze peggiori della guerra dell’Iraq è stata l’esacerbazione, in realtà in larga misura la creazione, di una forte divisione tra sunniti e sciiti che esisteva in precedenza, ma non così forte. C’erano matrimoni misti, la gente conviveva, eccetera.
Nel corso della guerra dell’Iraq quella è diventata una storia dell’orrore. Oggi è una mostruosità totale. Solo questa settimana, quasi ogni giorno si legge di dozzine di persone assassinate. E’ diffusa nell’intera regione. Ora c’è una forte scissione tra sunniti e sciiti nell’intera regione. E’ a suo modo simboleggiata dall’Iran contro l’Arabia Saudita. Sta facendo a pezzi la Siria. Sta avendo effetti orribili.
Gli Stati Uniti sono ora coinvolti in una campagna terroristica globale, in larga misura contro i popoli tribali del mondo. Capita che siano prevalentemente tribù mussulmane. E’ dappertutto. L’intenzione è di continuare e continuare. Queste sono tutte conseguenze terribili ma ciò nonostante non così gravi come sarebbero se non ci fosse opposizione del pubblico.
West: Ciò fa parte della sua profonda fede nella capacità della gente comune di pensare, agire, organizzarsi, mobilitarsi e resistere.
Voglio tuttavia porle questa domanda, fratello Noam. Nella mia mente non ho dubbi che negli anni a venire, quando sarà scritta la storia dell’ultima parte del ventesimo secolo, della prima parte del ventunesimo secolo, che Noam Chomsky sarà considerato come uno dei pochi intellettuali eminenti e delle figure profetiche che hanno tentato di dire la verità e di denunciare le menzogne.
E’ vero che i tre pilastri che la motiverebbero sarebbero  le voci profetiche della tradizione giudaica, dall’illuminismo e dalla dedizione alla scienza, alle prove empiriche, alle conclusioni che se ne derivano? E poi la tradizione anarchica che associamo alla Spagna settentrionale e ad altri luoghi di organizzazione autonoma di persone comuni e la diffidenza verso la concentrazione del potere nello stato e la diffidenza nei confronti della concentrazione del potere nel settore privato informerebbero in un certo modo il suo pensiero e la sua azione?
Chomsky: Verissimo. In realtà ciò risale all’infanzia. Anche da bambino ero molto interessato e seguito quanto meglio potevo gli eventi in Spagna, nella Spagna rivoluzionaria. Naturalmente avevo una comprensione limitata di ciò all’epoca, ma sufficiente a farmi sentire molto turbato.
Sono in grado di ricordare, ad esempio, probabilmente il primo articolo politico che scrissi, che è facile da datare a causa di un evento particolare. Fu dopo la caduta di Barcellona, nel febbraio del 1939. Era un giornalino di quarta di cui ero il direttore e probabilmente il solo lettore. Forse anche mia madre, non so.  
Ricordo che l’articolo riguardava l’ascesa del fascismo in Europa, iniziata con la caduta dell’Austria, la caduta della Cecoslovacchia, le città in Spagna che stavano cadendo, ma Barcellona non cadeva. Barcellona era stata il centro della rivoluzione anarchica. Fu in realtà schiacciata dalle forze sommate dei fascisti, dei comunisti e delle democrazie liberali. Ciò nonostante la repubblica continuò a battersi. Alla fine fu sconfitta. La sconfitta finale avvenne a Barcellona. Era spaventoso.
Un paio di anni dopo, quando ero un po’ più grande, fui in grado di passare un mucchio di tempo semplicemente girovagando per uffici anarchici e piccole librerie di New York. Ce n’erano molte allora. Molte erano gestite da emigrati, alcuni di loro dalla Spagna anarchica. Raccolsi una tonnellata di scritti, imparai molto parlando con loro. Da allora le conquiste di quell’anno di rivoluzione sono state per me un’ispirazione così come il pensiero e l’attivismo che vi erano dietro. Penso siano tendenze molto preziose nelle faccende umane.
Anche tutto il resto che hai citato. Le conquiste dell’illuminismo, la tradizione profetica risalente ai documenti biblici. Penso si possa identificare un filo che le percorre e che è di grande significato.
Smiley: Per quanto profonda sia stata questa conversazione, sento come se stessi soltanto grattando la superficie di tutto ciò che c’è da discutere con una persona come Noam Chomsky. Professore emerito al MIT. Il suo testo più recente s’intitola ‘On Western Terrorism: From Hiroshima to Drone Warfare’.  
Professor Chomsky, è stato un onore, signore, poter passare questo tempo con lei. Grazie mille per averci dedicato il suo tempo.
Chomsky: Lietissimo di essere stato in grado di stare con voi.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte:http://www.zcommunications.org/interview-of-noam-chomsky-eight-decades-of-struggle-by-noam-chomsky.html
Originale: Soundcloud.com
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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