Gli eredi di Madiba di Giorgio Bernardelli

Gli eredi di Madiba

di Giorgio Bernardelli | 13 dicembre 2013
In questi giorni segnati dalla scomparsa di Nelson Mandela - detto Madiba - si è parlato molto anche dei suoi rapporti con il Medio Oriente. Come Terrasanta.net ha già raccontato (in questo articolo), i due temi principali sono stati la questione delle relazioni tra il governo di Israele e il Sudafrica durante l'apartheid e - sull'altro versante - la questione del Mandela palestinese, il leader (difficile da scorgere all'orizzonte) capace di portare a compimento la battaglia per i diritti e allo stesso tempo di operare per sanare le ferite.
C'è però un aspetto molto meno noto del rapporto tra il Sudafrica e il conflitto israelo-palestinese che secondo me vale la pena di ricordare: ci sono state anche tante storie di riconciliazione nate tra Gerusalemme, Ramallah e Tel Aviv, ispirandosi espressamente al modello di Mandela e del suo Sudafrica. Storie che in questi vent'anni hanno portato frutti un po' nascosti, ma non per questo poco significativi.
Un'occasione per ricordarlo ha scelto di offrirla Hot Channel - la maggiore emittente satellitare israeliana - mandando in onda in questi giorni su un suo canale il documentario One Day After Peace, «Il giorno dopo la pace». Si tratta infatti del film che ripercorre la storia di Robi Damelin, uno dei volti più noti del Parents’ Circle, l'associazione che vede insieme per un percorso di riconciliazione genitori israeliani e palestinesi che hanno perso un proprio figlio - o comunque un proprio parente - a causa del conflitto. Il legame con Mandela nasce dal fatto che Robi è una mamma israeliana nata in Sudafrica, Paese dove esiste un'importante comunità ebraica. E che proprio la sua origine è diventata un fattore decisivo nel percorso coraggioso che ha scelto di percorrere dopo la morte di suo figlio David. Percorso non facile il suo: Robi era anche arrivata a perdonare il giovane palestinese arrestato per l'uccisione di suo figlio. Ma questi ha voluto rifiutare la sua mano tesa, considerando comunque quella donna un nemico.
È stato così che Robi - decisa comunque ad andare avanti nel suo percorso al di là dell'odio - ha scelto di ripartire dalle sue radici sudafricane. Andando a conoscere meglio l'esperienza (fatiche comprese) della Commissione per la verità e la riconciliazione, che in Sudafrica è stata una delle chiavi per il superamento dell'apartheid. One Day After Peace è dunque il racconto del suo viaggio in Sudafrica, con continui rimandi al contesto israelo-palestinnese e a ciò che quel tipo di esperienza potrebbe insegnare.
Sempre su questa lunghezza d'onda vale la pena di citare anche un'altra storia estremamente significativa: quella di Windows/Channels for communication la rivista (diventata negli anni anche molto di più) che vede scrivere insieme ragazzi di Israele e ragazzi della Palestina. Lavorano in gruppi paralleli, perché anche fisicamente è molto difficile ottenere i permessi per farli incontrare. Eppure anche in questo modo riescono ad aprire finestre importanti nel muro che li divide (e che non è solo quello di cemento). Anche in questo caso si tratta di un'iniziativa figlia dell'esperienza sudafricana: al gruppo di genitori che la fecero nascere - ormai vent'anni fa - l'idea venne  ascoltando l'esperienza di Molo Songololo, una rivista realizzata in Sudafrica a partire dal 1980 attraverso cui i ragazzi provavano già prima degli adulti a superare l'apartheid.
Nonostante tutte le difficoltà Windows va avanti (anche se oggi - più che sulla carta - è possibile seguire le sue attività attraverso la pagina Facebook). Testimonianza di come quella speranza che proprio negli anni degli Accordi di Oslo il Sudafrica di Mandela diffondeva anche in Medio Oriente, nella vita concreta di tante persone non sia affatto tramontata.
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Clicca qui per accedere al sito di One Day After Peace
Clicca qui per vedere il sito di Windows - Channels for communications
Clicca qui per vedere il sito di Molo Songololo

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