Siria: intervista a Talal Khrais

Siria: intervista a Talal Khrais

Nel tentativo di comprendere cosa accade in questi giorni in Siria, ho deciso di rivolgere alcune domande al dott. Talal Khrais. Giornalista laico e corrispondente in Italia del libanese As-Safir, responsabile esteri di Centro Italo-Arabo e del Mediterraneo* e relazioni internazionali per la sede sarda di Assadakh.


di Marco Di Donato (CISIP)

Talal Khrais ha gentilmente risposto alle mie domande, provando a descrivere da un punto di vista inedito la situazione siriana.
Grazie alle attività del suo centro infatti, ma soprattutto grazie alla sua enorme esperienza sul campo, quest'intervista assume un valore particolare.
Il dott. Khrais è infatti stato recentemente in Siria e ci ha potuto descrivere, come pochi altri possono oggi fare, come la situazione sia sul campo.
Parlando con la gente, guardando ed osservando le cose in prima persona può fornirci testimonianze dirette. Ci ha spiegato cosa sta succedendo ad Homs e perché secondo lui, che pur riconosce la legittimità della protesta pacifica, oggi ci troviamo anche dinanzi ad una guerra fatta su procura dei poteri occidentali.

Cosa sta accadendo in Siria in queste ultime settimane?
Frequento la Siria dal 1984. In Italia si parla poco del fatto che questo paese è nell'occhio del ciclone dal 1967, anno in cui Israele occupò vasti territori arabi. Per far fronte alla superiorità militare di Tel Aviv, il governo di Damasco si alleò con l’Unione Sovietica scegliendo un modello socialista per creare una base socio-economica allargata ed un sistema di garanzie sociali.
Il regime credeva che sfamare la gente e creare occupazione fosse sufficiente per rispondere alle esigenze del popolo siriano.
Dopo la morte del padre Hafez al Assad, il figlio Bashar ha fatto delle riforme economiche che hanno contribuito alla crescita delle piccole e medie imprese, ma senza toccare l’art 8 che garantiva il dominio del partito Baath al potere.
L’art. 8 è stato superato con il referendum del 26 febbraio 2012 sulla nuova Costituzione prevedendo una chiara partecipazione di tutte le forze politiche attraverso un inedito multi-partitismo.
All’inizio del conflitto interno, esattamente un anno fa, sono cominciate le manifestazioni che personalmente considero legittime e giuste.
I manifestanti infatti rivendicavano più libertà. Tuttavia, parallelamente, in Siria si preparava una guerra, una guerra per procura, semplicemente  per rompere la forte alleanza tra Siria, Iran e Hezbollah.
Un'alleanza che aveva cambiato gli equilibri politici regionali nella guerra del 2006, quella  tra Hezbollah e Israele, con lo Stato ebraico che usciva sconfitto dal confronto con migliaia di combattenti della milizia islamica libanese.       
Secondo i dati della Croce Rossa si parla di migliaia fra morti e feriti, lei ha dati diversi o maggiormente precisi in merito?
Noi corrispondenti che ci occupiamo di conflitti conosciamo bene le conseguenze di una guerra. In Siria esiste una vera guerra. Non penso che l’esercito siriano, uno dei più grandi e più numerosi del Medio Oriente, stia affrontando da un anno solo manifestanti ed un'opposizione pacifica .
Quando nel 1976 l’esercito siriano occupò il Libano riuscì, malgrado la feroce opposizione armata dell’OLP e del Movimento Nazionale Libanese, a controllare ogni quartiere di Beirut in soli 15 giorni.
Quando sono stato in Siria il mese scorso mi sono reso conto che non si tratta solo di manifestazioni o di forme di opposizione pacifica, ma di una guerra sofisticata contro il regime. Ho visto civili innocenti morti, ma tanti altri militari siriani uccisi da bande armate.         
Il paese è davvero sull'orlo di una guerra civile? Secondo la sua esperienza sul campo, quanta gente supporta il regime di Assad e quanta vuole invece la sua caduta?
Finora, ad un anno di distanza dall'inizio del conflitto interno, non vediamo fenomeni simili a ciò che avvenuto in Libia o altri paesi arabi. Ad esempio nessun diplomatico ha disertato e l’esercito libero della Siria, capeggiato da un generale a cui vengono attribuiti i recenti attentati (compiuti in realtà da altri), è un fenomeno limitato.
L’Occidente è miope e partecipa ad interventi militari contro altri Paesi senza comprenderne le conseguenze.
Si chiede al presidente siriano di andarsene. Un presidente che ha l’appoggio di una ampia base popolare e il sostegno del 90% dei militari perché mai dovrebbe lasciare?
Lasciare significherebbe far regnare il caos. Il cambiamento deve arrivare quando la società civile è matura e quando si terranno libere elezioni. Andarsene e lasciare il paese nel caos, quello si significherebbe scatenare una vera e propria guerra civile.      
Ci spiega cosa è accaduto e cosa sta accadendo ad Homs?
La situazione senza dubbio a Homs, e nel quartiere di Baba Amr, è la più tragica, dove la popolazione sta pagando il prezzo più alto.
Dopo l’evacuazione di Homs da parte dei gruppi armati si è scoperto che la città era un quartiere generale con depositi di armi sofisticate e i cosiddetti passaporti per il paradiso (spesso usati da attentatori suicidi) con reti di collegamento sotterranee lunghe ben dieci chilometri.      
Secondo lei sono veritiere le notizie che vorrebbero truppe speciali di Gb e Qatar al finaco dei ribelli?
Si, penso che truppe e armi di nazioni straniere si trovino sul territorio siriano. Sia il Qatar che l’Arabia Saudita non nascondono il loro diretto sostegno ai ribelli, mentre sia Londra che Parigi hanno finora garantito forme di sostegno indiretto.
Qual'è una via di uscita possibile a questa crisi che ormai dura da più di un anno?
La crisi può essere risolta solo con una soluzione politica. Oggi l’Occidente vuole imporre solo sanzioni, mentre Cina e Russia sostengono la riconciliazione nazionale. A mio parere non esiste una altra via della situazione siriana, poiché forzando la mano il rischio è quello di destabilizzare tutta la regione. 


*Assadakah - Centro Italo-Arabo e del Mediterraneo - è un'associazione italo-araba senza fini di lucro, con sede a Roma, Cagliari e Lecce, che oggi portano insieme dopo l’intesa tra le tre filiali il nome Federazione Assadakah. Insieme ai rappresentanti all’estero nei paesi arabi anni opera nella realtà italiana per la promozione di scambi culturali, politici ed economici tra l'Italia ed i paesi arabi e del Mediterraneo. A tal fine, l'associazione organizza incontri, conferenze, studi, promuove iniziative e viaggi, sollecita contatti tra le realtà politiche ed imprenditoriali ed elabora progetti di cooperazione internazionale, volti alla reciproca conoscenza e all'interscambio, infine realizza progetti di cooperazione allo sviluppo.
8 marzo 2012

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