Gary Sick :Opzioni iraniane


   6 marzo 2012
Quasi tutti pensano che un Iran senza armi nucleari sia  preferibile a un Iran che le possiede. Anche l’Iran è d’accodo su questo.  E’ ancora membro del Trattato di Non-Proliferazione (Non-Proliferation Treaty – NPT), accetta ispezioni dei suoi principali siti nucleari da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia nucleare (International Atomic Energy Agency – IAEA), e i suoi governanti proclamano che il possesso, la fabbricazione e l’uso di armi nucleari sono contrari all’Islam.
Fino dai giorni dello scià, l’Iran aveva proposto una zona libera da armi nucleari in Medio Oriente.   Il direttore statunitense  dei servizi segreti nazionali, che coordina tutte le agenzie per la  sicurezza negli Stati Uniti, ammette che l’Iran non ha preso la decisione di fabbricare una bomba, che sarebbe scoperta molto rapidamente. La storia nucleare iraniana, però, ha errori   e incongruenze che non  ispirano fiducia. Inoltre, la retorica incendiaria dei capi rivoluzionari islamici dell’Iran aumenta i sospetti.
Una linea di pensiero comune insiste che soltanto la costrizione può riuscire a convincere l’Iran a cambiare corso. Questa politica è iniziata sul serio a metà degli anni ’90 con l’amministrazione Clinton e da allora è stata perseguita con vigore da George W. Bush e da Barack Obama. Inizialmente  gli stati europei erano restii a partecipare, ma in anni recenti la Francia e il Regno Unito sono stati i primi a  sostenere   una severa politica di sanzioni.
Quando le sanzioni sono iniziate, l’Iran aveva soltanto un programma nucleare rudimentale, senza neanche una centrifuga. Oggi, dopo 16 anni di sanzioni sempre più dure, l’IAEA riferisce che l’Iran ha un notevole programma nucleare con circa 8.000 centrifughe in funzione installate in  due siti principali e una riserva  di circa 5 tonnellate di uranio impoverito. Questa è la descrizione di una politica non riuscita.
Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno reagito aumentando le sanzioni a un punto tale che l’Iran non sarebbe più in grado di vendere i suoi prodotti petroliferi, e quindi  verrebbe deprivato di più del 50% dei suoi introiti. Questo significa un blocco militare dei porti iraniani del petrolio, un atto di guerra. Le sanzioni, quindi, che si pensava fossero l’alternativa alla guerra, si stanno lentamente trasformando in una guerra economica. Il punto in cui la pressione economica diventerà una guerra non dichiarata, si raggiungerà a metà del 2012 quando quasi il totale dei boicottaggi delle banche iraniane e del petrolio iraniano da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, diventeranno  formalmente effettive. Nessuno può essere sicuro di come reagirà l’Iran, ma è difficile credere che si arrenderà docilmente o che semplicemente non reagirà.

Come può reagire l’Iran?

La strategia coercitiva contro l’Iran è basata sull’opinione non espressa che non ci non ne deriveranno danni. Questo sembra che sia l’opinione anche di coloro che stanno conducendo una guerra segreta contro l’Iran, fatta di uccisione di scienziati iraniani e di guerra cibernetica, come il virus Stuxnet che interferisce nell’attività delle centrifughe iraniane. Gli Stati Uniti stanno inviando velivoli senza pilota sull’Iran  (almeno due sono stati abbattuti e un terzo è stato requisito più o meno intatto). Ci sono plausibili  accuse di sostegno nei riguardi di  movimenti separatisti nel Baluchistan iraniano, dove degli Israeliani che si fingevano agenti della CIA, si dice che abbiano reclutato agenti nella provincia del Khuzestan, a maggioranza araba, e nelle zone con popolazione curda e azera dell’Iran.
Tutto questo è considerato con una certa soddisfazione da Israele, dagli Stati Uniti e da alcune capitali europee. Malgrado le dichiarazioni che l’Iran costituisce una minaccia per la pace e la stabilità internazionale, la politica occidentale è basata sull’ipotesi non espressa che l’Iran non può reagire in modo efficace contro le minacce segrete e di carattere finanziario alla sua  sicurezza. Nessuna delle parti coinvolte tollererebbe tali azioni sul suo territorio. Come può quindi replicare l’Iran?
L’Iran non è una grossa minaccia militare, neanche per i suoi vicini più prossimi. Il suo bilancio militare è una  minuscola frazione  di quello  gli Stati Uniti o della NATO o perfino delle spese militari congiunte dei paesi  membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo.* L’Iran è circondato dalle forze statunitensi e della NATO, compresa una “collana” di basi e di forze navali. Essendo profondamente consapevole della sua relativa debolezza, l’Iran ha finora evitato gli scontri militari  diretti.
Ha invece investito molto in una struttura difensiva robusta ma relativamente economica, che sarebbe enormemente costosa per qualunque possibile invasore. L’Iran ha anche passato anni a perfezionare tecniche belliche  asimmetriche, come la guerriglia su terra e  nugoli di imbarcazioni rapide in mare per confondere e forse sopraffare, navi molto più grandi.  Ha anche elaborato missili cruise con testate a più strati che sono armi relativamente semplici ma estremamente efficaci quando sono usate massicciamente contro un grosso obiettivo.
La guerra cibernetica è un’altra area della competenza iraniana. Contrariamente ai grandi sistemi militari, internet è un campo dove si gioca abbastanza alla pari.  Le misure restrittive per le dimostrazioni dopo le discusse elezioni del 2009, hanno dimostrato l’abilità del governo di controllare lo spazio cibernetico. Contrariamente agli stati arabi durante le proteste di massa del 2011, l’Iran è stato in grado di chiudere in modo selettivo parti della rete per ostacolare l’uso di Facebook, di Twitter e dell’invio di messaggi con i cellulari, senza procurare danni importanti al commercio. E’ riuscito a penetrare nei media sociali per identificare possibili dirigenti dell’opposizione e ha usato poi le loro stesse parole e azioni per perseguirli. Il paese ha anche un surplus di giovani ingegneri sofisticati di IT, (Information technology – Tecnologia informatica)  arruolati dal regime in un esercito cibernetico semi-segreto. Finora, è stato usato per  azioni di repressione interna, ma potrebbe trasformarsi altrettanto facilmente in un’arma contro i nemici esterni.


                                   L’arma di distruzione di massa
L’ arma di distruzione di massa iraniana non sono le imbarcazioni veloci e la guerra cibernetica, per non parlare  delle armi nucleari inesistenti: è il prezzo del petrolio, e per usarla, Tehran non ha neanche bisogno di chiudere lo Stetto di Hormuz. Se vengono applicate tutte le sanzioni internazionali, circa 2 milioni di barili di petrolio al giorno sparirebbero dal mercato a metà del 2012. L’Arabia Saudita ha fatto sapere che incrementerebbe la produzione, e la produzione della Libia sta riprendendo, il che sarebbe di aiuto. Anche gli Stati Uniti e altri paesi (soprattutto europei) potrebbero aprire le loro riserve strategiche per compensare parte della diminuzione.
L’Europa, tuttavia, dovrebbe sostituire 600.000 barili di petrolio che importa quotidianamente dall’Iran, e gran parte di quella richiesta è incentrata  sulle tre economie più vulnerabili: Grecia, Italia e Spagna. Le loro importazioni dall’Iran si basano attualmente su  accordi di scambio  e su contratti a lungo termine relativamente a buon mercato, che saranno difficili da rimpiazzare allo stesso prezzo e qualità. Si devono negoziare nuovi contratti, si devono  riattivare i fornitori alternativi e si devono  ricalibrare [i livelli di benzene] delle raffinerie.
Questa trasformazione funzionerà  perfettamente  senza un significativo aumento netto del prezzo del petrolio? In gennaio, dato che l’Iran  e gli Stati Uniti si sono scambiati minacce a proposito dello Stretto di Hormuz, il prezzo del petrolio è aumentato di più del 6% e poi si è stabilizzato quasi al livello più alto, senza che si sparasse un colpo  o si rendessero effettive le minacce. Tutti gli aumenti, come tutti sanno, influenzano non soltanto il prezzo del petrolio (politicamente sensibile), ma di fatto ogni cosa che sia fabbricata e trasportata.
Immaginate il seguente scenario soltanto fra quattro mesi: mentre il mondo si sta dando da fare per sostituire il petrolio iraniano, e mentre l’Iran trova sempre più difficile mantenere  le sue entrate interne, il mercato del petrolio tende al rialzo. Proprio in quel momento, ci sono  esplosioni inspiegabili vicino agli oleodotti e nei punti dove si carica il petrolio nell’Iraq meridionale, che eliminano un altro milione di barili al giorno dal mercato. Contemporaneamente, ci sono misteriosi  guasti  nelle raffinerie saudite e del Kuwait, e le operazioni di carico del petrolio negli Emirati Arabi Uniti vengono ridotte a causa di impreviste difficoltà tecniche, forse collegate ai controlli dei computer o a un sabotaggio iraniano. E’ impossibile prevedere quanto aumenterà il prezzo del petrolio e per quanto tempo rimarrà così.

Analisi costi-benefici

Queste congetture servono a dimostrare che sanzioni ”rovinose” non hanno effetto soltanto sull’Iran: potrebbero avere gravi conseguenze per il resto del mondo: varrebbe la pena correre questo rischio se l’obiettivo della politica fosse ben definito e raggiungibile. Se però serve soltanto a far capitolare l’Iran e ad eliminare tutto il suo programma di arricchimento nucleare, chiunque abbia la minima conoscenza del paese vi può dire che è una chimera – indipendentemente da chi governi a Tehran.
Se l’obiettivo è quello di far tornare la Repubblica Islamica al tavolo dei negoziati, l’Iran ha inviato segnali per più di un anno che è disposta a  intraprendere negoziati senza precondizioni, cioè senza dover essere d’accordo su una revoca completa  del suo programma di arricchimento nucleare come  richiedono le risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU – perfino l’NPT permette questo tipo di arricchimento. Tuttavia quella enunciazione è stata  è stata espressa nella più recente lettera dal capo della politica estera e della sicurezza  europea, Catherine Ashton il 21 ottobre 2011, con cui proponeva una ripresa dei colloqui. Questa è stata la    fondamentale  pecca  della strategia dell’Occidente ed è il motivo per cui ci troviamo in questo attuale momento pericoloso.
Se, tuttavia, lo scopo di questa serie di sanzioni è di punire l’Iran con la speranza di provocare una guerra, allora quello potrebbe essere il risultato che però non risolverà la minaccia nucleare iraniana. Al contrario, è possibile rafforzare un governo estremista nei suoi sospetti e nel suo rifiuto della comunità internazionale, aumentare la sua determinazione a continuare a costruire un ciclo completo di combustibile nucleare e probabilmente a usarlo per un’arma.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale : Le Monde Diplomatique
Traduzione di Maria Chiara Starace

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