Hussein Sa’eydeh :Testimonianza: agricoltori di al-'Uja non possono coltivare i loro campi

 Hussein Muhammad Hassan Sa’eydeh è un agricoltore disoccupato di 51 anni, sposato con sei figli e residente a al-‘Uja, nel distretto di Jericho – West Bank

Sono un beduino di al-Jiftlik. Faccio parte della tribù dei Sa’eydeh. Nel 1930, la mia famiglia si stabilì ad a-Zur, sulla sponda occidentale del fiume Giordano, dove si dedicarono al pascolo delle loro greggi e si occuparono di agricoltura.
C’era acqua in abbondanza. Agli inizi, lavorarono la terra di altri contadini per una percentuale del raccolto. In seguito acquistarono alcuni terreni e ne presero pure in affitto 500 dunam dal governo giordano e li lavorarono. La vita che abbiamo avuto è stata buona e prodiga. 
Nel 1967, quando Israele occupò la West Bank, avevo sette anni. A causa della guerra, due terzi della mia famiglia si trasferirono sulla sponda orientale. Mio padre rimase. Israele assunse il controllo dei 500 dunam che avevamo preso in affitto dal governo giordano ed avevamo lavorato per sette anni e ci proibirono di recarcisi. Noi li perdemmo insieme alla possibilità di entrarne in possesso. Ora sono diventati i frutteti di palma da datteri della colonia di Yafit.Nel 1968, gli israeliani non ci permisero di ritornare alle terre che erano nostre, ed emisero un ordine militare per il nostro trasferimento dalla zona. L’ordine riguardò circa un migliaio di persone appartenenti a tre tribù. Una tribù fuggì in Giordania, mentre la nostra si spostò ad al-‘Uja insieme alla terza tribù. Ci installammo in abitazioni che la gente aveva abbandonato a causa della guerra e continuammo a dedicarci all’agricoltura. La terra era fertile e c’era una gran quantità di acqua, specialmente nella sorgente di al-‘Uja. All’inizio, il governo militare ci concesse il permesso di raccogliere le messi sulle nostre terre private che avevamo dovuto abbandonare, permesso che annullò quattro mesi dopo. Ora, sui terreni ci sono frutteti di palme da datteri che appartengono ai coloni e noi abbiamo il divieto di entrare nell’area.Dopo di che, abbiamo cominciato a lavorare terreni agricoli di proprietà di contadini di al’Uja in cambio di una parte del prodotto. Abbiamo lavorato la terra a oriente della Route 90, dove abbiamo coltivato vegetali, banane e cocomeri. Abbiamo fatto affidamento per lo più sull’acqua che arrivava dalla sorgente di al-‘Uja. Negli anni 1970 e 1980 si sono aperti i mercati della Giordania, dove abbiamo spedito decine di camion carichi di prodotti. Guadagnavamo da vivere bene e impiegavamo 10-20 lavoratori stagionali. Vivevamo molto bene e mandavamo i nostri figli a scuola e all’università. Abbiamo cominciato a costruire case con malta e mattoni, prive di fondamenta o di rinforzo in cemento poiché l’esercito non ci ha dato i permessi per costruire. 

La nostra situazione finanziaria è rimasta stabile fino agli anni 1990, quando abbiamo cominciato a sentire gli effetti di un apporto di acqua ridotto, dovuto alle trivellazioni israeliane. I sondaggi erano iniziati negli anni 1970 ed erano aumentati negli anni 1990. La fonte era rimasta a secco per lunghi periodi di tempo e il flusso dell’acqua nel canale di al-‘Uja era diminuito ed era limitato al periodo invernale, da gennaio ad aprile. L’acqua era sufficiente per coltivare il mais e questo è il motivo per cui lo avevamo cresciuto fino ad allora. La terra veniva coltivata per il solo mais per cui non veniva lavorata per la maggior parte dell’anno. Tutto ciò ha penalizzato enormemente il nostro reddito – da una media annua di 40.000 dinari a una media di 10.000 dinari. Le spese per la semina, i pesticidi, i fertilizzanti e strumenti hanno superato le nostre entrate, tanto che siamo stati costretti a prendere prestiti per andare avanti. Personalmente sono arrivato a un debito di 30.000 shekel. Tre anni fa, sono stato costretto a ritirare da scuola i miei tre figli maggiori perchè mi aiutassero a sostenere la famiglia. Sono diventati braccianti agricoli nelle colonie della Valle del Giordano. Per due anni non ho lavorato. Ho lasciato il settore dell’agricoltura in quanto non era più redditizio. Ho avuto perdite e debiti in quantità sufficiente. 
I miei figli erano nati in tempi difficili e non avevano conosciuto i bei tempi che la nostra famiglia aveva avuto. Porto mio figlio piccolo nella zona dove usavamo coltivare tutti i tipi di cereali e gli racconto di quant’era ricca di acque la sorgente di al-‘Uja e lui non mi crede. Vede un luogo secco, simile a un deserto. 
Una volta, potevamo competere con gli agricoltori israeliani. Ora, siamo come dei mendicanti, in attesa del camion dell’uomo che trasporta vegetali tutto attorno ad al-‘Uja per poterne comperare un chilo da lui. Una volta, facevamo dei regali ai turisti, ora chiediamo la carità. E’ una cosa che fa spezzare il cuore. 
(tradotto da mariano mingarelli)

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